Non permettere a nessuno di influenzare le tue scelte!

Oggi una giovane 23enne, che lavora come estetista da quando aveva 16 anni, mi ha confidato il suo desiderio di conseguire la maturità per guardare avanti e magari frequentare l’università, non tanto per fare un lavoro diverso, quanto per acculturarsi.
Mi sono brillati subito gli occhi, perché quando “sento” in una persona  il desiderio di conoscere e imparare… il cuore mi batte forte e provo una gioia che mi è impossibile descrivere a parole.
Essendo Coach e anche docente, l’ho subito tempestata di domande. Ha risposto in modo consapevole circa le difficoltà, ma quel “fuoco”, quel desiderio di farcela si avvertiva forte. Così le ho dato qualche dritta su come orientarsi per frequentare il quinto anno e poi la maturità.
Non era spaventata.
Mi ha detto con aria seria:
“Io lo so che posso farcela! Perché quando mi metto in testa una cosa… non mi ferma nessuno!”. Poi però ha aggiunto: “E’ solo che nessuno crede in me! Il mio fidanzato dice che non ha senso e mio padre mi scoraggia, forse perché ha paura che io fallisca”.

Il suo sguardo era cambiato: aveva perso luce.
Gli occhi bassi e un filo di voce: “Se almeno appoggiassero questa mia idea, che non è un capriccio! Invece…”.
Il suo era un dialogo intimo con se stessa… e chissà da quanto tempo lo era.

Credo che sia capitato a molti di trovarsi in una condizione simile.
Certamente  più a “femmine” che a maschi.
E allora parliamone!

Perché quel mancato appoggio, anche se solo psicologico e affettivo, fa male, ferisce, fa sentire poco adeguate e non c’è niente di peggio.

E’ la speranza, il desiderio, l’obiettivo da raggiungere – pure con gran fatica – che tengono alta la motivazione. Ma se si è circondati da familiari, partner e amici che non fanno altro che incutere paura e insinuare dubbi… Beh, la strada da percorrere è ancor più in salita e certamente contro vento.
Qui viene fuori di che stoffa siamo fatti!
Se cioè siamo pronti a camminare contro vento, contro tutti, oppure se siamo così deboli o così incerti da dubitare noi stessi della bellezza (e validità) del nostro progetto e quindi rinunciarci.

Per esperienza posso dire che , se quel “fuoco” ci brucia dentro e abbiamo valutato che non si tratta di un fuoco di paglia né di un salto nel vuoto, allora non dobbiamo ascoltare chi cerca di allontanarci dal nostro obiettivo.

Smettiamola di voler condividere ciò che desideriamo fare con chi – parente o meno – non solo non ci capisce, ma fa di tutto per farci rinunciare.

Parliamo di meno e agiamo di più!

Iniziamo a scrivere ciò che vogliamo  raggiungere e a pensare a tutti i passaggi necessari per ottenere più informazioni possibili.
Teniamo nota di tutto ciò che scopriamo.
Cerchiamo di approfondire più che possiamo, facendo domande alle persone competenti.

Non rinunciamo!

Quando la “luce” finalmente si accende nei nostri occhi… è il momento di essere felici!
E per esserlo, non serve l’approvazione degli altri.

Perciò… seguiamo  la nostra strada!

 

Le emozioni negative non devono impedirci di proseguire dritto verso l’obiettivo.

Oggi vi parlo di un argomento a me caro, poiché legato a “obiettivi e risultati”.
Credo che a tutti nella vita sia capitato di stabilire un obiettivo, perseguirlo per un po’ di tempo e poi abbandonarlo sulla scia di emozioni negative.

Mi ricordo, ad esempio, di un’amica che aveva iniziato una dieta, ponendosi un obiettivo decisamente sfidante, che prevedeva almeno sei/nove mesi di impegno.
Si era rivolta ad una nutrizionista che conosco e che stimo per la grande professionalità e disponibilità.
Be’, era riuscita a superare i mesi più difficili e si diceva molto soddisfatta.

Poi, nel giro di una settimana, ha accumulato stress legato a liti, discussioni e battibecchi con l’ex marito e… ha perso lucidità (e controllo), facendo esattamente ciò che la nutrizionista le aveva detto di evitare.
A quel punto ha attribuito la “colpa” alla nutrizionista e ha abbandonato le prescrizioni per rivolgersi a un nuovo dietologo che le ha promesso miracoli… Sto ancora aspettando di vederli.

E diciamocelo, ce ne sono tantissimi di esempi come questo:

  • Andare dal medico per guarire da un disturbo e smettere la cura “perché non funziona nei tempi che vogliamo noi”;
  • Iscriversi ad un corso di ballo e cambiare più scuole e maestri perché manca il risultato (che arriverebbe se fossimo più costanti e determinati);
  • Cambiare scuola, perché i bei voti tardano ad arrivare (quando magari è lo studio che manca)…

Se avete notato, in questi esempi la “colpa” viene sempre attribuita a qualcuno “fuori da sé”, come a dire: “Io non c’entro, sono perfetto così! E’ l’altro che non è abbastanza bravo o capace!”.

Proviamo allora ad essere sinceri con noi stessi e a domandarci:

“Ho davvero fatto tutto quello che mi è stato indicato per arrivare al risultato che voglio? Oppure ho fatto qualcosa che proprio non dovevo, per cui mi sono demoralizzato e infine ho scelto di lasciar perdere?”.

Bisogna essere onesti con se stessi, tanto più se si tratta di obiettivi delicati, come quelli legati alla relazione con gli altri, magari coi figli o col partner.
Ecco il motivo per cui gli psicologi dicono che non si possa interrompere un percorso così all’improvviso.
Perché

una lite, una discussione o uno scontro possono sì far provare emozioni negative molto intense, ma non devono farci deviare dal nostro percorso, altrimenti tutta la strada percorsa fin lì viene dimenticata.

Bisogna restare lucidi, invece.
Capire che, sebbene terribile, quel diverbio ha avuto un inizio (che noi abbiamo permesso) e una fine. Stop!
Significa che potremo lavorare su quanto accaduto e andare oltre, continuando a seguire la strada che abbiamo tracciato insieme al professionista che abbiamo scelto per la sua serietà e al quale ci siamo affidati con grande fiducia.

Donne, criticare il partner con le amiche non fa bene a voi e nemmeno alla coppia.

Quante di noi, tra donne, non hanno mai ridicolizzato il partner perché non sa mai dove si trovano le cose in casa? Perché non ricorda ciò che gli abbiamo detto due minuti prima? Perché sembra non essere autonomo…?

Ieri ero in un negozio di parrucchiera quando è entrata una donna che conosco di vista: nonna di due bambini a cui bada, età – immagino – 65 anni… magari qualcuno di più, ma molto attiva: spesso alla guida della sua auto o in bici. So chi è il marito, ma li ho visti di rado insieme. Lei arcigna e lui educato e sorridente.

Ad un certo punto, la donna attacca con delle critiche feroci sull’universo maschile.
La parrucchiera ed io inizialmente ridacchiamo più per un senso di solidarietà femminile che per i concetti espressi, ma poi la situazione si fa imbarazzante.

La signora – con tono duro e aria seccata – esclama: “Ah! Per carità! Noi sì siamo autonome, ma loro?! Non sanno neanche trovare i calzini nei loro cassetti! Diciamo la verità: a cosa servono? Sì, vabbè, a fare figli e un po’ di sesso, ma se una donna lavora e non vuole figli… che se ne fa di un marito?!”.

Ero basita.
Basita e a disagio. Niente più sorrisi né risatine. Altro che solidarietà femminile!
Spero che quello della signora sia stato uno sfogo… anche se non ne sono molto convinta.

Ripensando alla feroce osservazione mi domando: Qual è lo scopo?

Sminuire il marito? Calpestare tutti gli uomini? Gridare la sua frustrazione nei confronti del matrimonio? Ribadire in modo femminista la superiorità delle donne?

Qualunque sia il motivo, al suo matrimonio non farà certo bene, perché esprimere critiche così pesanti (senza dubbio riferite al marito) non aiuta la relazione: la uccide.

Ci sono donne, infatti, che si aspettano che la vita di coppia implichi automaticamente la complicità col partner. Credono sia una cosa naturale, ovvia, spontanea. Invece non è così.
La complicità va costruita giorno dopo giorno attraverso l’ascolto attento, la condivisione, l’incontro, il guardarsi e lo stare bene insieme. Non si tratta di idillio, ma di partecipazione, intimità, persino gioco.

La critica separa e allontana dalla complicità.

Criticare l’altro aspramente perché non fa, non dice, non soddisfa le nostre aspettative non lo farà migliorare, ma soltanto allontanare.
Far notare all’altro in malo modo che “non ci arriva”, non lo farà cambiare, ma gli comunicherà tutta la nostra disistima.

Perciò… se qualcosa non ci va bene, se desideriamo tanto che l’altro modifichi un suo comportamento, CHIEDIAMOGLIELO.
Consiglio frasi che comincino così: “Avrei bisogno / necessità…”, “Mi farebbe piacere che tu…”.

Nessun partner è perfetto, neanche il nostro, ma criticarlo con le amiche non solo rende vulnerabile la coppia, ma è anche una mancanza di rispetto.

Se abbiamo scelto di vivere in coppia, allora dobbiamo proteggerla e difenderla: solo così potremo rinnovare quell’energia necessaria a rigenerarla.

Grazie alla mia Coach, la mia vita è ripartita meglio di prima!

Ciao a tutti! Mi chiamo Sara, ho 17 anni e … è la prima volta che parlo di me pubblicamente, perciò spero di non annoiare nessuno.

Molti mesi fa, all’inizio del mio penultimo anno di liceo, erano cambiate molte cose: alcuni prof. a cui mi ero affezionata non c’erano più; in classe era arrivata una nuova compagna molto aggressiva; le mie prime verifiche erano andate male e io ero andata proprio in crisi.

Non so… ero tesa, nervosa, anche demoralizzata, perché non funzionava più niente nella mia vita e le mie amiche mi avevano tagliata fuori, seguendo la nuova compagna, una vera leader, che non mi poteva vedere!

Non è che io sia una tipa super festaiola: ci tengo ad avere buoni voti e per questo esco solo il sabato e/o la domenica… Ma era sempre andata bene alle mie amiche, che erano un po’ come me.

Poi di colpo è cambiato tutto! E io mi sono sentita sempre peggio…
Le mie amiche volevano uscire solo con questa compagna e la sua compagnia di ragazzi un po’ più grandi e io non andavo più bene.

Adesso posso dirlo: soffrivo e mi arrabbiavo per questo. Ma dopo i primi due mesi così… ho cominciato a sentirmi sempre più triste e sola.
I miei genitori mi dicevano: “Esci! Divertiti!”. Ma con chi?
Le mie amiche erano diventate così diverse da me! Sembravano più grandi e io mi sentivo proprio uno schifo vicino a loro.
Ogni volta che le vedevo a scuola ero a disagio; ogni volta che avevo una verifica avevo una paura terribile di sbagliare e quando ero interrogata mi veniva la nausea.
Che brutto periodo!

Poi, grazie ad un’amica dei miei genitori, ho incontrato Laura!

I Miei mi avevano spiegato che non sarebbe stato l’inizio di un percorso, ma solo una sessione di coaching per capire il mio problema e conoscermi. Beh, il fatto di sapere di poter scegliere se proseguire o no mi aveva tolto un po’ di ansia, ma… il miracolo – come dico io – l’ha fatto lei, Laura, col suo sorriso e la sua tranquillità. Mi ha ascoltata davvero… Capivo che lo faceva con grande attenzione e interesse, senza mettermi a disagio, senza giudicarmi.

Alla fine del primo incontro lei era riuscita a fare centro e mi aveva spiegato come avremmo potuto procedere per farmi tornare serena e sicura di me.
Ero così contenta che ho chiesto io di fare il percorso e da lì è cominciata la mia risalita.

Ogni volta non vedevo l’ora di incontrarla, perché capivo qualcosa in più di me, e lei mi trasmetteva una gran forza.
Poi è arrivato il Covid-19 e ho avuto paura di interrompere il mio percorso e di crollare di nuovo.

Invece no! Abbiamo continuato vedendoci a distanza via Skype ed è andata benissimo, perché ho continuato a “crescere” e ad allenare le mie potenzialità.
Grazie alla mia Coach, ho usato così bene il tempo che ho guadagnato davvero voti eccellenti e poi ho ripreso i contatti con le mie amiche.

Per me l’isolamento è stato un momento positivo, perché la mia vita è ripartita.
Laura mi ha sempre tampinata, anche quando non eravamo in sessione.
Non mi sono mai sentita sola e questo mi ha dato forza. Lei è una vera forza! E io spero di diventare tosta come lei… Anche se lei dice che forte lo sono sempre stata, senza nemmeno accorgermene.

Ho imparato tanto e ho “spuntato” parecchi obiettivi.
Ora che sono in vacanza mi guardo indietro e mi sento nuova.

Sento di essere io, quella vera. So che non sarà facile affrontare nuovi problemi… perché ce ne saranno!, ma sento di poterci riuscire.
Ho capito come fare e Laura mi ha regalato tanti strumenti per fare da sola.

Cara Laura, sarai sempre la mia Coach!

Con affetto,
Sara R.

La quarantena è finita, ma il tuo umore è peggio di prima? Ecco come uscirne!

L’estate è cominciata e le immagini dei carri militari che trasportavano bare sembrano dimenticate. La gente ha ricominciato ad uscire, a frequentare gli amici, i bar, i ristoranti. Tutto sembra tornato (quasi) come prima… E lo stato d’animo positivo con cui molte persone hanno ben affrontato l’isolamento, pare tornato negativo.

Eh, sì, perché non tutti si sono sentiti depressi nel dover rimanere per forza in casa. Ci sono infatti quelli che, senza esserne consapevoli, ci hanno persino guadagnato in termini di umore e hanno usato il tempo nel modo migliore, dedicandosi a lavori e attività di cui sono capaci e che hanno regalato loro soddisfazione e benessere.

Se ci pensate non è poi tanto strano.
Faccio un esempio: se mi trovassi sola in un periodo della vita, senza partner né amici, “essere obbligata” all’isolamento e sapere che nessuno può uscire a divertirsi… beh, potrebbe persino essere consolante. Stessa cosa se conducessi una vita estremamente stressante a causa del lavoro e ogni week-end mi trovassi così stanca da non avere nemmeno l’energia per uscire e distrarmi.

I conti sono presto fatti: durante la quarantena, sui social niente più foto di aperitivi, balli scatenati, paesaggi mozzafiato e cenette romantiche. Tutti chiusi in casa a postare foto dei piatti cucinati o a condividere video divertenti per tenere alto il morale.

Ma adesso…?

Ora che la vita torna a scorrere, i social si riempiono di miliardi di selfie: chi è in spiaggia, chi brinda con gli amici, chi gira in moto con la persona amata, chi organizza grigliate e chi cena a lume di candela col partner. Insomma… tutti sembrano felici e appagati…
Tranne chi era solo durante il Covid-19 e solo si ritrova.

Queste persone, purtroppo, ripiombano nella loro quotidianità pre-Covid, ovvero a quando si sentivano abbattute, tristi, in ansia per non avere quello che hanno gli altri (amici, partner, week-end speciali).
E “credono” alla felicità che gli altri postano sui social, trascorrendo tempo a sfogliare gli album altrui e convincendosi che loro una vita così non ce l’avranno mai!

Se solo sapessero quanta finzione c’è in molte di quelle foto!

Come certe coppie ritratte in mezzo agli amici, perché da sole non saprebbero cosa dirsi… O sorrisi che mascherano una enorme tristezza, un amore finito da tempo o un senso di vuoto incolmabile…Ma chi sente di nuovo l’enorme peso della solitudine, a questo non pensa. Vede tutto il negativo che c’è nella propria vita e tutto il (falso?) positivo nella vita degli altri e… sta male.

E allora?

Allora sarebbe meglio darsi un sano obiettivo, ovvero quello di non seguire più i profili degli pseudo-amici di FB per un po’.
Magari dargli un’occhiata solo una volta o due alla settimana e spendere il tempo per dedicarsi a qualcosa che piace e che non si poteva fare prima a causa della quarantena.

Prendere consapevolezza del fatto che molte persone vivono solo “in vetrina” e che la felicità che mostrano è spesso apparente.

E se si è soli, al posto di considerarla una sfortuna o una tragedia, guardare alle mille opportunità che si possono cogliere, se si è disposti a mettersi in gioco. Perché essere liberi da legami permette di fare scelte che vanno incontro ai propri reali bisogni.

Perciò… ci si può iscrivere, ad esempio, a un gruppo che ama la fotografia e organizza uscite all’aperto o decidere di aggregarsi a gruppi che usano le ferie per fare il cammino di Santiago o la Via Francigena o ancora frequentare un corso di vela dove fare nuove amicizie.

Qualsiasi cosa va bene, purché trasmetta il piacere di vivere ai propri ritmi, seguendo i propri bisogni e desideri, senza essere frenati, ostacolati o condizionati da nessuno.

Didattica a Distanza: tutti promossi! E ora come lo spiego a mio figlio?

Ormai tutti i docenti e pure i genitori hanno capito come si concluderà l’anno scolastico: praticamente, tutti promossi!

Così, dopo aver raccolto commenti ed esclamazioni di preadolescenti e genitori, ho deciso di mettermi in campo come Coach per aiutarli.

Questo articolo non è “per tutti”: è per chi ha figli nella scuola secondaria di primo grado (la ex scuola media) e “crede” nel valore della scuola e dello studio, tanto da spronare i figli ad applicarsi sempre, in presenza o a distanza. E’ per i genitori di quei figli che si impegnano, che ci tengono a meritare un bel voto e che, in questo periodo di Covid-19, hanno continuato a dare il massimo, senza imbrogli né aiuti.
Parlo di quei ragazzi a cui docenti e genitori hanno detto: “Se vuoi essere promosso, devi studiare!”. E loro l’hanno fatto! Eccome se l’hanno fatto!

Ma ora si sentono confusi nel rendersi conto che quel compagno, che non ha mai partecipato a una video-lezione né mai consegnato compiti né studiato, be’, verrà promosso esattamente come loro.
Un profondo senso di ingiustizia, misto a frustrazione e rabbia.
Ecco cosa esprime quel “Ma non è giusto!”.

E come dar loro torto?!
A quell’età, poi, sono particolarmente sensibili alle ingiustizie, perché la coerenza e le promesse per loro sono sacre.

In realtà la pensano così anche molti genitori, che ben conoscono quel disagio, perché l’hanno già vissuto sia a scuola, da piccoli, sia sul lavoro, da grandi…
E così cercano di aiutare i figli a digerire il boccone amaro, dicendo:

“Non importa! Tu hai fatto il tuo dovere” o “A me degli altri non interessa nulla!”.
Sono frasi buttate lì perché non si sa davvero cosa dire, solo che vengono colte come una mancanza di comprensione e allora… apriti cielo!

Come possiamo aiutarli davvero?

Dobbiamo far centro “dentro di loro”: colpirli a tal punto che la nostra osservazione gli rimanga per sempre e serva a motivarli, nonostante l’ingiustizia.

Il Coaching insegna che la vita è un continuo “allenamento”: ci si allena a impegnarsi, a porsi obiettivi, a fare delle scelte, a essere onesti, determinati, resilienti…

E allora parliamo loro di questo, perché nello sport – che loro praticano spesso a livello agonistico – sanno che tutti si devono allenare in vista della grande gara finale.

Perciò, raccontiamo loro questa storiella (ciascuno la adatti come vuole allo sport praticato dal figlio):
Immagina di giocare in una squadra che dovrà affrontare un campionato importante.
Tu ti alleni sempre, mentre un tuo compagno no.
Arrivati a una settimana prima della partita, il campionato viene sospeso.
Tu senti che non è giusto, ma comunque ti sei preparato: hai imparato tecniche e strategie che ti saranno utili per vincere, quando ripartirà il campionato, mentre al tuo compagno è andata di pura fortuna. Già, perché se il campionato si fosse svolto, non sarebbe stato in grado di affrontarlo e l’allenatore l’avrebbe escluso.

Cosa vuol dire? Che la fortuna oggi c’è, ma domani chissà!

Tu hai puntato su ciò che era sotto il tuo controllo: l’impegno, la costanza, la fatica, la determinazione…
E quando punti su questo, è impossibile non “giocare il campionato”!
La fortuna, invece, è fuori dal tuo controllo: può andarti bene oppure male, ma non dipende da te.
Perciò, non perdere tempo a pensare alle ingiustizie: concentrati su quello che è importante per “giocare in campionato”.
Poniti un obiettivo: nella scuola può essere “Venire promosso”, meglio ancora “Essere promosso con 8 in inglese!”.
Scegli tu l’obiettivo, che sia per te coinvolgente, motivante… E poi non pensare più ad altro se non a raggiungere quello!
Perciò… ecco a cosa è servito il tuo “allenamento” quest’anno: a ripartire alla grande nel prossimo campionato!”.

Sono certa che così molti genitori faranno breccia, offrendo ai propri figli un nuovo punto di vista.
E’ quello che farei io, come Coach!

Vuoi affrontare al meglio le tue difficoltà? Allora sviluppa la pace interiore.

Cosa cerchiamo consapevolmente? Il lavoro, la salute, il denaro, il divertimento, la felicità…
Ma nel profondo siamo tutti alla ricerca della pace interiore, quella che ci permette di affrontare anche i momenti peggiori senza esitare, senza essere paralizzati dalla paura.

E cosa volere di più se non vivere senza paura (che è spesso legata ad esperienze del passato) e senza ansia (legata al pensiero del futuro)?
Per farlo, dobbiamo concentrarci sul momento presente, cercando di cogliere il meglio che possiamo.

E’ nell’oggi che possiamo trovare le occasioni, ma dobbiamo saperle vedere e volerle cogliere.
Invece siamo così focalizzati sul futuro, così lontano, così incerto, così fuori dal nostro controllo, che ci lasciamo scappare il meglio dell’oggi. Ma è solo il presente ciò che abbiamo veramente. E’ l’unica certezza.
Eppure noi ce la facciamo sfuggire.

Chi ha genitori ottantenni, è cresciuto sentendosi ripetere che “pensare solo all’oggi è da incoscienti”. Bisogna essere lungimiranti, ma ciò non vuol dire evitare di vivere il momento presente. Una cosa non esclude l’altra e, dato che al futuro pensiamo già continuamente, forse dovremmo cominciare a vivere giorno per giorno, assaporando ciò che abbiamo.

Basta pensare, pensare, pensare. Impariamo a godere di ogni piccolo momento e per farlo tiriamo il freno a mano. Sì, cioè, rallentiamo, fermiamoci di tanto in tanto.

La nostra vita è simile a un viaggio in cui ci sono delle soste, dei rallentamenti, dei momenti in cui ammiriamo il paesaggio dal finestrino e altri in cui dobbiamo accelerare. Ma comunque, viviamo istante dopo istante. E così dovremmo fare nella nostra quotidianità.

E allora iniziamo dalle piccole cose, come assaporare lentamente il cibo, ascoltare con attenzione ciò che ci viene raccontato, coltivare la gratitudine verso chi ci ha fatto del bene e dedicarci a un’attività che ci faccia provare gioia e soddisfazione.

Non servono grandi gesti per iniziare a sentirci in pace, ma di sicuro serve allenamento. Cercare la pace interiore è un lungo cammino, che non si può percorrere a tempo perso: richiede dedizione. Una dedizione però che poi regala uno stato di benessere veramente duraturo.

Perché, come dice, Lao Tzu:

Se sei depresso stai vivendo nel passato.
Se sei ansioso, stai vivendo nel futuro.
Se sei in pace, stai vivendo nel presente.

I “vampiri dell’anima” esistono!

Cosa succede quando una donna si innamora di un narcisista? Di un uomo che si mette con lei, la fa a pezzi, la lascia e infine torna a tormentarla? Sembra un film dell’orrore, vero?
Io però ne ho conosciute di ragazze e donne così: le ho viste soffrire, dubitare di sé, delle proprie capacità, fino a perdere se stesse, la propria autostima, i propri sogni e obiettivi.
Hanno amato un “mostro”, ma grazie a Dio ne sono uscite, anche se con grande fatica e tanto impegno. La mia lettera, quindi, è per loro e per tutte quelle che – senza accorgersene – stanno vivendo a fianco di un manipolatore.

Cara Amica,
quando l’hai incontrato non l’hai riconosciuto…
D’altra parte chi riconoscerebbe subito un narcisista? Un uomo che ti lusinga, che ti fa sentire speciale, unica. Un uomo che ti dice di non aver mai provato un amore simile prima. Dolce, affettuoso, pieno di attenzioni…
Tu non l’hai riconosciuto, ma lui sì: ti ha cercata, stanata come una preda.
Ha fiutato subito il tuo bisogno d’amore, le tue ferite del passato, le tue fragilità e il desiderio di non essere più sola.
Ti ha fatto credere che ti avrebbe amata nonostante la tua vulnerabilità, anzi, che ti avrebbe “salvata” da una vita triste e vuota. E tu hai scambiato tutto questo per amore e ti sei fidata e affidata.

Oh, se tu fossi stata meno affamata di amore e attenzioni, forse gli avresti tolto subito quella maschera da impostore!
Ma lui era l’uomo che avevi tanto atteso, così perfetto e innamorato.

Sei stata generosa con lui, sempre presente, disponibile: gli hai donato un amore incondizionato.
E lui era così affascinante: sicuro di sé, deciso, ma anche tenero. Cosa volere di più?

Solo che è bastato poco perché lui cominciasse a sottolineare i tuoi difetti, le tue mancanze, il tuo non essere mai abbastanza. Prima una stilettata con una frase pungente e poi una carezza con una frase affettuosa… fino a confonderti: dottor Jekyll e Mr. Hyde!
E così hai messo in dubbio te stessa
e la realtà che avevi sotto agli occhi.
E hai cominciato a vivere sull’altalena: un giorno su, se era carino con te, e uno giù, quando ti criticava severamente.

Un amore a intermittenza… O meglio, un NON amore, ma tu di questo non potevi renderti conto perché il narcisista ha mille maschere ed è un abile manipolatore: sa come tenerti in pugno, come fare perché tu dipenda da lui, sempre, anche se soffri.

E quando hai timidamente tentato di reagire, ti ha fatta sentire in colpa, come fossi quella che “vuole rovinare tutto”, perché quello che gli davi non era mai abbastanza: tu non eri mai abbastanza. Lui invece stava sul piedistallo, convinto di essere il migliore, quello che non sbaglia mai.

Ti ha fatto credere di poter fare a meno di te, ti ha instillato la paura di perderlo. E tu, che lo amavi, gli hai creduto e ti sei aggrappata a lui ancora di più.

Poi si è stancato e ti ha lasciata per davvero.
Verrebbe da dire che hai vinto un terno al lotto! Ma so che tu non l’hai presa così.
Prima di andarsene, ti ha rovesciato addosso tutto ciò che di più cattivo e immeritato si possa ascoltare. Tu, l’unica colpevole, l’unica causa di questo suo abbandono. Tu, così inadeguata, da non essere riuscita neanche a tenertelo stretto!

Voglio dirti che non è così, che tu non hai alcuna colpa e che questa rottura – per te – è una vera fortuna, perché – se lo vuoi – ti dà la possibilità di ricostruirti, di ritrovare quella che eri, con tutte le tue meravigliose qualità: quei punti di forza che non sapevi né sai di avere.

Lui se n’è andato, ma non ti ha comunque lasciata in pace. Ha cercato di tenerti agganciata, inviandoti messaggi con frasi ambigue, di (finto) affetto, di (falsa) comprensione e preoccupazione.
Ma quando hai scelto di non rispondere, lui ti ha ferita con le solite frasi cattive, perché nessun carnefice accetta di perdere la sua vittima!

La verità è che hai fatto la cosa migliore a evitare qualsiasi contatto con lui: non puoi correre il rischio di una ricaduta!
Anche perché il tuo narcisista non ti ama, non cambia e non cambierà mai. Se ritorna è solo per affermare il suo dominio, per dimostrare a se stesso che sei un suo possesso, come tu fossi un oggetto.

Perciò, in attesa che gli squarci del tuo cuore cicatrizzino, FOCALIZZATI SU DI TE e prenditi cura della persona che sei: ricordi che cosa ti piaceva fare prima di incontrarlo? Che sia un hobby, un nuovo interesse, una passione trascurata o abbandonata da anni… Basta che ti renda felice e ti faccia assaporare di nuovo il gusto della vita.
L’amore per te stessa, per un animale, per gli amici è un toccasana! Così come viaggiare, leggere un buon libro, goderti un buon film.

Non cercare un nuovo compagno: non fino a che non ti sarai ricostruita del tutto. Non finché avrai la certezza di “bastare a te stessa”.
Solo così non rischierai di cadere ancora vittima di un “vampiro dell’anima”.

Uscirne è dura, ma – vedrai – è possibile!

Impariamo a vivere nel “qui e ora”.

Cosa significa vivere “qui e ora”?
Cosa vuol dire “vivere nel presente” e perché mai dovremmo farlo?

Siamo tutti convinti di vivere nel presente, ma se ci pensiamo un attimo ci accorgiamo di essere o nel passato (immersi nei ricordi) o nel futuro (quando ci pre-occupiamo di qualcosa che non sappiamo nemmeno se accadrà).

E ci dà gioia?
Non credo proprio.

E allora cosa possiamo fare per vivere il momento presente?
“La prima cosa è liberarci dei pensieri che svolazzano nella nostra testa” ci dicono gli esperti.
Già, ma non è facile fermarli, buttarli.

Come possiamo pilotare i nostri pensieri?
Tutto parte dall’allenamento, esattamente come nello sport e in qualsiasi altro campo. Perciò quale momento migliore – se non questa forzata clausura – per provarci?

Quindi, a partire da oggi, restiamo “agganciati” al nostro corpo: significa porre attenzione ai segnali che ci manda, al respiro e all’energia che sentiamo. Non siamo separati dal nostro corpo, ma raramente ci prendiamo il tempo per ascoltarlo.
Fissiamo poi la nostra attenzione sui sensi: gli odori che sentiamo, i suoni che ascoltiamo, il calore del sole sulla pelle… Focalizziamoci anche sui nostri gesti e sul tono della nostra voce.

E non dimentichiamo di trovare un angolino nella nostra casa in cui isolarci – anche solo per un quarto d’ora al giorno – allo scopo di ascoltare i nostri profondi respiri, lasciando andare i pensieri, così che si disperdano da soli.

Non dico che sarà semplice e nemmeno che verrà spontaneo, ma quale nuova pratica lo è?
Basta non arrendersi, non rinunciare…
E i risultati arriveranno sotto forma di grande benessere.

La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri.

Siamo prossimi alla Pasqua, un giorno di festa, un’occasione per ritrovarsi a pranzare tutti insieme, magari fuori casa. Ma la Pasqua, quest’anno, non sarà così: il Covid-19 ce la farà trascorrere in casa, da soli, senza amici o parenti. Una rinuncia che pesa, ma che è finalizzata alla salute, nostra e di tutti. Un sacrificio che vale la pena di fare per il bene comune.

Sono certa però che molti non rispetteranno il divieto a muoversi: inventeranno mille scuse, pure credibili, per fare egoisticamente ciò che desiderano.

E allora mi torna alla mente un articolo della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” che recita così: “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce agli altri”.

Chissà se nel lontano 1789 (quando venne scritta) avrebbero mai immaginato che sarebbe diventata così attuale nella Pasqua 2020!

Un articolo che parla di libertà, ma che sottolinea il rispetto degli altri. Esattamente il contrario del pensare comune, dove la parola libertà è sinonimo di egoismo.

Sapete, mai più di ora diventa importante coltivare e trasmettere una delle 24 potenzialità umane elencate da Seligman, padre della psicologia positiva e punto di riferimento per tutti i Coach: “il senso civico e del dovere”.

Si tratta di una caratteristica ovvero di una forza del carattere che esprime la lealtà e la responsabilità verso gli altri. E questi “altri” comprendono la famiglia, i vicini, il condominio, i compagni di scuola o i colleghi di lavoro, fino alla società intera.

Una caratteristica che presuppone gentilezza, autocontrollo, gratitudine, lealtà e solidarietà.

Ma quanti lo sono davvero?
… perché è facile indignarsi di fronte a certi comportamenti, ma poi mancare di rispetto agli altri senza nemmeno rifletterci.

In questo periodo, poi, dove la convivenza con i vicini è forzata a causa dell’obbligo a restare in casa e a non uscire nemmeno per lavorare (come capita a molti), è facile cogliere i valori che guidano le persone e rendersi conto di quanto egoismo abbiano certi individui.

Si va da chi ha sostituito le uscite al parco col terrazzo di casa, togliendo pace agli altri vicini (perché i figli e il cane devono sfogarsi), a chi organizza scorribande in casa alle dieci di sera (perché tanto poi si dorme più a lungo), a chi fa bricolage a mezzogiorno o all’ora di cena (perché si annoia e non sa più cosa fare), a chi lascia abbaiare i cani continuamente senza intervenire, a chi fa giardinaggio nelle ore di riposo altrui, a chi – ahimè – condivide con tutti gli altri condomini i fatti suoi, stando sul balcone a parlare di Covid-19 al cellulare con amici e colleghi.

E di esempi ce ne sarebbero veramente tanti da fare…

Cosa rivelano questi comportamenti?
Forse altruismo? Solidarietà? Senso civico? Responsabilità verso gli altri? Non mi pare proprio.

Sono potenzialità che vanno allenate molto prima di diventare adulti: è la famiglia a dover trasmettere questi valori.

Perciò un genitore che si comporta in modo empatico, che dimostra e insegna ai propri figli l’importanza di rispettare i diritti degli altri, che condanna l’egoismo e l’individualismo fa un favore a tutta la società, perché

una società rispettosa dei diritti di tutti supera qualsiasi difficoltà, anche quella di trascorrere una Pasqua in quarantena.