Oggi parliamo di “parolacce” e dell’uso smisurato e non necessario che ne facciamo, salvo poi rimproverare i ragazzi che le dicono e bollarli come “maleducati”.
E’ stato scritto parecchio sull’uso “terapeutico” della parolaccia e non starò certo qui a ripeterlo. Che la parolaccia, se usata al momento opportuno, è liberatoria… l’abbiamo sperimentato un po’ tutti.
Tuttavia oggi siamo di fronte ad un abuso di queste parole volgari: il noto Sgarbi ci ha fatto i soldi, insultando gli altri a parolacce.
E che dire delle espressioni “colorite” utilizzate in casa da molti genitori, rivolte ai figli o usate come intercalare?
Un tale “allenamento” ad usarle, da diventare inconsapevoli del loro utilizzo e… farsele scappare anche durante colloqui scolastici con i professori… come fosse la normalità.
Sempre più spesso sento genitori esprimersi con parole o espressioni volgari.
Gli stessi genitori che poi vedo stupiti, scioccati, quando vengono convocati per tutte le parolacce che il figlio utilizza in ambiente scolastico.
La parolaccia non è il demonio, ma usarla quando non è necessaria, porta certamente ad un degrado.
Il bimbetto di cinque anni che dice “Pu**ana” alla mamma, col sorrisetto sulle labbra, NON è divertente e non fa ridere!
La ragazzetta undicenne che risponde a una compagna “Che c***o vuoi?!” non è in preda ad un attacco di ribellione adolescenziale!
Il ragazzo che, ridendo, risponde al padre: “Non mi rompere i co****ni” , non ha capito qual è la “gerarchia” (anche se è una parola che non mi piace).
Stiamo sottovalutando il problema. Lo stiamo addirittura banalizzando.
Ma immagino quanti leggeranno e muoveranno un sorrisetto di compatimento, pensando “che esagerazione!”.
Eppure basta ascoltare le lamentele dei genitori per rendersi conto che usare e permettere l’uso delle parolacce in casa porta pian piano ad una mancanza di rispetto.
Se tollero che mio figlio mi risponda (o commenti quanto gli dico) con parolacce, mi sono giocato il suo rispetto.
Certo che – se il primo ad usarle “simpaticamente” nei suoi confronti sono io – non posso pretendere che lui si rivolga a me senza usarle, perché i ragazzi fanno presto a dire: “Eh, ma lo fai tu! Perciò lo faccio anch’io!”. E come dar loro torto?!
Cari genitori, non possiamo pretendere un linguaggio rispettoso se non lo usiamo noi adulti per primi.
Sento spesso dire: “E’ colpa della società”.
Signori, ma la società siamo noi! Ciascuno di noi!
E se ciascuno facesse la sua parte, si sforzasse di essere più educato, più rispettoso… i ragazzi – automaticamente – farebbero lo stesso.
Non è mai troppo tardi, anche se i figli sono ormai grandicelli. Basta essere onesti con loro e ammettere di aver sbagliato per primi nell’aver usato le parolacce e chiedere a tutta la famiglia di impegnarsi a non dirle più. Non sarà una passeggiata, certo.
Ma si può sempre cambiare e migliorare.
Se invece preferite non fare questa fatica, se pensate che il rispetto sia slegato dall’utilizzo delle parolacce… fate pure.
Continuate così.
A me – non so perché – viene in mente solo il titolo di un articolo che ho letto e che recitava così: “Cari genitori, se i vostri figli sono maleducati, la colpa è solo vostra!”.