“Mi sentivo vuota e senza stimoli: per questo sono felicissima del mio percorso di Coaching!”.

Conoscevo Laura solo di nome.
Di lei sapevo che era una prof di scuola media, perché ne avevo sempre sentito parlare benissimo da genitori che l’avevano avuta.
Poi un giorno ho scoperto che era anche una Life Coach!

Bene!, ma cos’è una Life Coach???
Ho poi capito che era tutto quello di cui avevo davvero bisogno

Stavo vivendo un periodo particolarmente duro: avevo dovuto affrontare un grave lutto e una gravidanza.
Qualcosa in me non andava più bene…

E’ difficile da spiegare, ma non ero più io… O meglio: non mi “sentivo” più io.

Mi sentivo vuota e senza stimoli: volevo uscirne, ma non sapevo come.

Così, anche se ci ho messo un po’, alla fine mi sono decisa a comporre il suo numero.
Già da quella chiacchierata al telefono, Laura ha subito capito la mia situazione e io, dopo tanto tempo, finalmente mi sono sentita capita!

Ricordo il primo incontro…
Ricordo benissimo il sorriso con cui mi ha accolta: un sorriso difficile da dimenticare.

Cosi è iniziato il mio percorso alla scoperta delle mie potenzialità e non solo.

Laura mi ha aiutata a capire quale obiettivo pormi per tornare a sentirmi me stessa e mi ha aiutata a costruire il “ponte” per raggiungere la mia meta.

Mi ha vista piangere e sorridere, ha gioito con me per ogni mio piccolo traguardo raggiunto, mi ha spronata e a volte anche bacchettata.

Non potrò mai smettere di ringraziarla per il lavoro fatto con me!

La mia vita ha una strada ancora lunga… ma se guardo indietro sono felicissima del cammino che ho fatto.

Anzi!, che “abbiamo” fatto. 😊

Alessia B.

Sarò davvero innamorata di lui?

Quante volte le ragazze mi raccontano di “pensare sempre a quel qualcuno” e quante volte le donne adulte mi confidano i loro dubbi, le loro sofferenze per quel partner che è ormai tanto diverso da come l’avevano conosciuto.

Spesso la domanda sottintesa è

“Sarò davvero (ancora) innamorata di lui?”.

A questo proposito mi viene in mente che alcuni decenni fa, un noto studioso nonché docente universitario, Francesco Alberoni, aveva realizzato uno studio veramente interessante su questo argomento. Tanto interessante che lo ricordo ancora.

Proviamo dunque a conoscere meglio “l’innamoramento”, così da dare risposta alla nostra domanda.

L’innamoramento non c’entra con la sessualità e quindi non è scontato che nasca da quella.
Tra l’altro, non è un evento unico nel corso della vita, perché può capitare di innamorarsi una seconda volta, ma può anche accadere di non innamorarsi più.

La mia nonna, ad esempio, rimasta vedova in giovane età, ha amato soltanto mio nonno e, una volta perso lui, non si è mai più innamorata.

Ma come faccio a capire di essere innamorata sul serio?

Be’, quando si è innamorati si pensa che tutto sia meraviglioso grazie alle “straordinarie” qualità del partner… E non ci si rende conto che l’altro è una persona normale, uguale a tutti gli altri esseri umani.

Ciò di cui non si è consapevoli è che “a rendere così diversa la nostra vita” sia la nuova esperienza, ovvero l’esserci innamorati.

E si sa, quando si è innamorati si desidera stare sempre col partner per potergli parlare e poterlo anche abbracciare, baciare, accarezzare… Di lui vogliamo sapere tutto, in modo da sentirci più vicino a lui ma anche poter essere noi stesse.
Di lui capiamo ogni gesto, tanto che la vita sembra più bella e persino più semplice.

Intendiamoci, la quotidianità non ha proprio niente di straordinario… ma quando siamo innamorati, tutto diventa magnifico. E così, un’ora con l’amato è paragonabile all’eternità e questo è il motivo per cui, perdendo l’amato, si vive con un’eterna nostalgia.

Sì, ok, Coach. Ma come faccio a distinguere una “cotta” dall’essere innamorata veramente?

Semplice!

Una delle caratteristiche dell’innamoramento è che si hanno degli ostacoli da superare.
Alberoni dice infatti che senza ostacolo non c’è vero innamoramento.

E a me vengono tanto in mente coppie giovani in cui tutto procede bene finché la strada è spianata dai genitori, che comprano loro la casa nuova, l’arredamento, i festeggiamenti per le nozze, il viaggio, ecc. Alla prima difficoltà, però, queste coppie “scoppiano”.

Il fatto è che superare gli ostacoli permette di “costruire” qualcosa di nuovo (una coppia, una famiglia) a partire dall’unione di due individui che hanno compiuto un percorso di cambiamento, di crescita prima di incontrarsi (come – ad esempio – aver “tagliato” del tutto con il rapporto precedente).

OK, Laura! Ci devono essere degli ostacoli da superare insieme… Tutto qui?

Sappiamo di essere innamorati quando il desiderio di vedere o di sentire l’altra persona riappare più e più volte, fino ad imporsi, ad essere costante.

E questo fatto ci spinge ad una “rinascita”, perché ci permette di ripensare al passato senza più provare delusione o dolore.
E’ un po’ come dire che il passato viene privato del suo valore e così si può arrivare a provare tenerezza per l’ex, di cui non ce ne importa più niente e verso il quale ci si sente gentili e buoni, grazie al nuovo amore.

Ma, ribadisce Alberoni, la vera storia dell’innamoramento è legata al “modo” con cui si affronta, si risolve oppure si aggira un grande ostacolo… e lo si fa insieme.

Altro che “… e vissero tutti felici e contenti”! La vita di coppia idilliaca non esiste!

La quotidianità è fatta di problemi, di scontri. Perciò è normale alternare momenti di felicità ad altri di sofferenza. Non esiste un reale equilibrio quando si ama!

Tuttavia è vero che chi è innamorato si sente felice nel fare qualcosa per la persona amata, perché i suoi desideri sono gli stessi di quelli dell’amato.

E… cosa importantissima: se sei innamorata del tuo partner, è impossibile che ti innamori di un altro!

E ora veniamo alla “domanda fondamentale”…

Come passiamo dall’innamoramento all’amore che dura nel tempo?

L’amore è la conseguenza naturale dell’innamoramento: passiamo da qualcosa di impetuoso e nuovo a qualcosa di quotidiano. Ma c’è qualcosa che non cambia e cioè che l’innamorato non vuole altro che essere amato per sempre.

E sai quando capisci che l’amore sta finendo? Quando cominci a fare i conti “io ti ho dato e tu no”…

In effetti, quando siamo innamorati diamo tantissimo senza domandarci se è giusto o no, se è troppo o se l’altro ricambia allo stesso modo.

Ovviamente è scontato che “il dare” sia reciproco e che i problemi e le difficoltà si affrontino insieme.

Si passa all’Amore, quindi, attraverso una serie di “prove” che l’amato deve superare. Sono prove di diverso tipo e si legano a due bisogni principalmente: al bisogno di “verità”, verificando perciò che l’amato sia sincero e leale, e al bisogno di “reciprocità” , ovvero verificando di avere obiettivi comuni ben chiari.

Se le prove, invece, sono richieste che comportano la “rinuncia” ai propri progetti, ai propri sogni (come avere una famiglia, dei figli, sposarsi), alla propria vita… il legame è destinato a rompersi, perché sono prove che non si superano e si trasformano in punti di non ritorno.

Ultime verità importantissime:
– l’innamoramento diventa Amore, quando non c’è più l’entusiasmo iniziale, ma si sviluppa una reciproca dedizione;
– non è proprio scontato che l’innamoramento diventi Amore, ma è possibile che un Amore nasca anche senza innamoramento, ad esempio da un incontro sereno, dal piacere di stare insieme, dall’avere idee e obiettivi comuni.

Ora tocca a voi capire a che punto siete e se la vostra storia avrà lunga vita o meno.

Se hai superato i 40 e vai verso i 50… sfodera un bel sorriso: è tempo di pensare a te.

Entrare negli “anta” è un momento che non si dimentica e che si può vivere in modi completamente opposti:
c’è chi è felice di poter dire finalmente “Oh, guarda che io non sono mica nata ieri!” e chi invece va in crisi perché “gli anta” la fanno sentire vecchia.

Comunque tu l’abbia vissuto, una cosa è certa: si fanno dei bilanci, si guarda a che cosa si è lasciato indietro e a come si è cambiate.

A volte il bilancio è positivo, perché si è raggiunta una tale sicurezza di sé da sentirsi pronte a cogliere nuove sfide.
Altre volte si entra in crisi, rendendosi conto di aver messo in stand by la propria vita, di aver rinunciato a una serie di esperienze che ora sembrano irrecuperabili.

Non è quindi importante il numero dei tuoi anni sulla carta d’identità, perché ci sono donne che, superati i 40, si sentono già vecchie e altre invece che si abbattono compiendo i 50.

Sophia Tucker ha detto “La vita comincia a quarant’anni”.
Ma quante direbbero con sincerità la stessa frase?

In effetti i cambiamenti ci sono entrando negli “anta” e procedendo verso i 50.

  • Cambia il fisico
  • Cala l’energia e si allungano i tempi per il recupero
  • Si ha meno pazienza
  • Ci si sente ancora giovani “dentro”, ma fuori non lo si è più
  • Si è “signore” e non più ragazze…

Però ci sono anche degli aspetti positivi e tra questi – fondamentale – una maggiore sicurezza di sé per l’esperienza di vita accumulata. Fantastico, no?

Sì, belle parole, ma se hai dei rimpianti o qualche desiderio rimasto indietro?

E’ certamente il momento di realizzarlo!
Buttati e segui il tuo istinto!

Eh, ma se ormai non è più il momento?

E chi l’ha detto?
Sai che Cristoforo Colombo aveva 41 anni quando ha scoperto l’America?
E Leonardo da Vinci ne aveva 51 quando ha dipinto la Gioconda?

Jim Carrey ha detto:
“… devi separare te stesso da quello che gli altri si aspettano da te e fare ciò che ami. Perché se hai 50 anni e non fai quello che ami, che senso ha?”.

E allora, tu a cosa vuoi dedicarti?
Qualunque cosa vuoi fare, falla.

Non sai da che parte iniziare?
Scrivi una lista di ciò che ti piacerebbe fare.

Poi metti in ordine di gradimento le voci in elenco.
Verifica che il risultato dipenda da te, esclusivamente da te.
Ora puoi partire dal numero uno, il primo della tua lista.
Su un foglio scrivi tutto ciò che – secondo te – devi fare per raggiungere il tuo obiettivo.

Prepara i vari step e…
Inizia a contare: 5 – 4 – 3 – 2 – 1 – 0!  E via con l’azione!

Comincia a inseguire il tuo desiderio, il tuo sogno, il tuo obiettivo!
Non fai male a nessuno, lo sai.
Alleggerisci la tua vita.
Smetti di sovraccaricarla!

Regala i libri che sai che non leggerai mai.
Elimina i vestiti che non vuoi più indossare.
Allontana da te anche i pensieri negativi, i ricordi che fanno male, le persone sgradevoli.

Ora è il momento di pensare a te!

La relazione che vivi ti rende infelice? Sposta il focus!

Oggi parliamo di relazioni sentimentali che NON ci rendono felici.

Ne parliamo al femminile, perché sono parecchie le donne – giovani e meno giovani – che si lamentano del partner e gli attribuiscono la colpa della loro infelicità.

Quando mi raccontano la loro storia, noto subito che parlano soltanto del partner:

“lui non fa questo, lui dice questo, se mi amasse direbbe o farebbe”…

E spesso vorrebbero che io dicessi loro che cosa prova o pensa il partner sulla base dei comportamenti che mi segnalano.

Vogliono entrare nella mente del partner e capire come ragiona.

Ma le cose non funzionano così.

Queste donne si sfiniscono di domande a cui non ci sono risposte e lo fanno nel tentativo (inconscio o meno) di avere il controllo su ciò che sta succedendo o che potrebbe accadere.

Praticamente, spostano tutta la loro attenzione da se stesse all’altro.
E fanno di tutto per far andar bene le cose, come se il risultato della relazione dipendesse solo da loro.

Si sforzano di essere accondiscendenti, in modo da non scontrarsi e soddisfare le esigenze del partner. Cercano di non deluderlo e di aderire sempre più all’idea che il partner ha di compagna ideale e di rapporto di coppia ideale.

Vi siete riconosciute in queste donne?

Se così fosse, proviamo ad approfondire il perché di questi comportamenti:

  • Magari siete convinte che per essere amate dovete essere “come il partner vi vuole” (le “brave” mogli fanno così!).
  • Magari sentite la necessità di avere il controllo su ciò che accade.
  • Magari a livello inconscio volete che il partner si comporti in un certo modo (cioè come voi desiderate) e, se ciò non succede, tentate di “cambiarlo” per trasformarlo nell’uomo giusto per voi.

Vi ritrovate in queste convinzioni?

E allora sappiate che portano a commettere gravi errori:

  • Focalizzarvi solo sul partner, vi allontana da voi stesse, dai vostri bisogni e desideri. Vi impedisce inoltre di ascoltare e comprendere le vostre emozioni, così utili per capire quale strada seguire. Nel tempo, il rischio che correte è quello di sentirvi sempre più inadeguate, con il conseguente calo della vostra autostima.

  • Vi convincete di poter far funzionare la coppia “da sole” e questo vi porta a essere schiacciate da questa responsabilità. E se doveste “fallire” nel vostro intento, vi carichereste anche della delusione, del dolore e della convinzione di “non essere state capaci” di far funzionare il rapporto.
  • Continuate a stare male, ma rimandate la chiusura del rapporto che non funziona, perché sperate che lui diventi come voi desiderate.

Come fare per uscirne?

Certo non è facile…

Prevede che voi cambiate il vostro modo di “vedere”.

Vediamo come:

1. D’ora in poi, quando vi rendete conto che i vostri pensieri pongono l’attenzione solo sul partner (es. perché dice questo?, perché si comporta così?), sforzatevi di concentrarvi su voi stesse e

domandatevi: “come mi sento io? Cosa desidero io? Questa situazione mi va bene oppure no? E come mai non mi piace?”…

2. Quando vi accorgete di fare i salti mortali per tenere in piedi il rapporto,

ripetetevi che “in una relazione si è sempre in due”, perciò la responsabilità è al 50%.

E se il partner non fa nulla per migliorare le cose, significa che è poco motivato a continuare la vostra relazione. Davvero volete investire su una relazione così sbilanciata? Pensate ancora che avrà un futuro?

3. Se da tempo pensate che è ora di chiudere la relazione, ma continuate a rimandare, perché sperate che lui cambi,

ripetetevi che le persone sono esattamente come le vediamo ora, nel presente.

Se aspettate che lui cambi… state solo perdendo del tempo prezioso.

In conclusione, lavorate su voi stesse e investite il tempo per ricostruire la vostra autonomia, che sta alla base della vostra serenità.

Ragazzi, cambiate il Mondo!

Cambiare il Mondo si può?

Il Mahatma Gandhi, tanto tempo fa, ha detto: “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

E lui la sapeva lunga su come cambiare il mondo, visto che è riuscito a liberare la sua India dagli inglesi senza armi né eserciti.

Ma perché mai voi giovani dovreste cambiare il mondo?

Beh, perché magari non vi piace così com’è e in fondo dovrete viverci a lungo.
Meglio essere attivi, quindi, che stare a guardare o ad aspettare che qualcosa cambi. In fondo avete l’energia per farlo.

“Eh, già, come posso cambiare il mondo” dirà qualcuno “sono solo un ragazzino!”.

Vero, ma il tuo mondo qual è?
Prova a pensarci un attimo.
Non è forse la scuola, gli amici e la famiglia? Ok, mettiamoci anche lo sport, la musica…

Allora, prova a riflettere: che cosa vorresti cambiare di questo tuo mondo?

Devi concentrarti sui tuoi bisogni, sulle cose che per te hanno un gran valore, perché ciascuno ha bisogni diversi.

Ad esempio, c’è chi ha bisogno di essere ascoltato senza essere giudicato, chi vuole essere bene accolto nel gruppo classe…

Per tutti c’è poi un ordine di importanza.
I bisogni sono tanti, è vero, ma poi devi metterli in ordine, da quello che per te è più importante fino a quello meno.

La maggior parte dei ragazzi che ho ascoltato ha messo al primo posto “essere rispettato”, cioè “non preso in giro, accettato per come sono, accolto e ben voluto”.

Tutti bisogni che portano a “vivere sereno”.

Bene, ragazzi, sapete che vi dico?

Che se questi sono anche i vostri bisogni, dovete AGIRE per ottenerli.
Non potete aspettare che se ne occupino gli altri al posto vostro.
Dovete lottare!

Come?

Prima di tutto pensate: “Cosa posso fare IO per rispettare, accettare gli altri?” e poi mettete in pratica la risposta che trovate.

Ad esempio, “smetto di ridere alle spalle di chi già viene preso in giro dagli altri” oppure “smetto di rispondere male ai miei familiari”.

Fate come dice Gandhi: cambiate per primi voi e il mondo cambierà di conseguenza.

 

 

*Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato sulla Pagina dei Ragazzi del quotidiano “La Provincia di Como” nel febbraio 2018.

Scopri perché non riesci a raggiungere i tuoi obiettivi!

Quante volte ci lamentiamo di non riuscire ad avere ciò che vogliamo?

Sì, lo desideriamo, ma poi “ci perdiamo” oppure non sentiamo più la spinta necessaria a ottenerlo.

E guardiamo chi invece ce la fa, sentendoci “dei perdenti” (si trattasse anche semplicemente di seguire una dieta dimagrante).

Ma perché c’è chi ce la fa e noi no?

Ammesso che il nostro desiderio sia concreto, ciò che fa la differenza viene prima del “mettersi in cammino” e consiste nel definire chiaramente lo scopo per cui vogliamo fare quella determinata cosa.

Facciamo un esempio: prima di iscriverci in palestra, dobbiamo chiarire con noi stessi il motivo per cui vogliamo fare attività fisica.

Per dimagrire? Per tonificare? Per scaricare le tensioni? Per svagarci?

Domandarci, quindi: “Ma io so che cosa voglio?”.

Questo vale in tutti i settori della nostra vita.

Oltre a questo dobbiamo provare il grande desiderio di arrivare al risultato che vogliamo.

Senza il desiderio, infatti, non arriveremo da nessuna parte, perciò domandiamoci:

“Da 0 a 10, quanto desidero realizzare quel mio desiderio?”.

E se la risposta è “5”, significa che quell’obiettivo non è poi così importante per noi.

Al contrario, più ci avviciniamo al 10 e più vorrà dire che siamo convinti di volerlo raggiungere.

E’ fondamentale comprendere questa cosa, perché i desideri, i sogni, gli obiettivi sono una bella cosa e possono regalarci euforia e gioia nel momento in cui li formuliamo, ma ricordiamoci che, per non restare soltanto tali, devono essere trasformati in azioni concrete.

Perciò, se abbiamo tutto chiaro… Diamoci da fare!

Ecco come avere dei figli “positivi”!

Quante volte ci stupiamo di fronte a certi atteggiamenti rinunciatari e timorosi dei nostri figli?

Vorremmo vederli sicuri di sé, grintosi, aperti a cogliere le piccole o grandi sfide della vita e invece li vediamo impauriti e spaventati all’idea di un insuccesso a tal punto da non provarci nemmeno.

“Tanto lo so, mamma, la verifica andrà male come la volta scorsa!”.
“A che serve tutto questo studio? Tanto poi va male!”.

Abbiamo ascoltato parecchie frasi simili a queste e magari l’istinto ci ha spinti a replicare:
“Ma io non so dove prendi tutta questa negatività!”.

Eh! Bella osservazione!

Ma cosa possiamo fare per avere figli “positivi”?

Intanto chiariamo che “positivi” non significa guardare alla realtà in modo distorto, con gli occhiali rosa, in modo irrealistico.

Positivi significa “ottimisti”, ovvero capaci di guardare il bicchiere mezzo pieno: fiduciosi nelle proprie capacità e sulla buona riuscita delle proprie azioni, oltre che di buona compagnia e socievoli.

Praticamente, figli capaci di pensare positivo, di vedere il lato buono della vita. Figli che guardano alla vita con il desiderio di vivere esperienze positive.

No, non stiamo parlando di extraterrestri!

Avere figli così è possibile! Ma molto dipende da noi.

Se siamo di quegli adulti che si alzano al mattino cupi e già si lamentano per la giornata che avranno davanti, con tutte le rogne di cui occuparsi al lavoro e tutti gli impegni a cui far fronte, be’ non saremo un gran bell’esempio! Non è questione di fingere, ma di non alimentare la negatività.

Lamentarsi è un’abitudine e, come tale, può essere modificata.
Se siamo genitori ottimisti, anche i nostri figli lo saranno!
Il primo “lavoro”, quindi, è quello su noi stessi.

Facciamo piccoli cambiamenti:

  • Al mattino evitiamo di lamentarci perché dobbiamo andare al lavoro.
    Se è possibile, facciamo colazione insieme a loro (magari alzandoci un pochino prima del solito) e parliamo di qualcosa di positivo (come, ad esempio, di chissà quali nuove cose interessanti impareranno a scuola).
  • Alla sera, a cena, possiamo dedicarci a “il racconto della giornata”, ovvero il racconto di ciò che abbiamo vissuto, con la regola di trovare “3 cose positive” da evidenziare.
  • Prima di dormire, possiamo leggere loro una bella storia a lieto fine.
    (Ci sono libri per bambine, ad esempio, che raccolgono storie di “femmine” che sono riuscite a realizzare i propri sogni, diventando scienziate, artiste, musiciste… Tutte storie positive, quindi).

Buone pratiche che fanno bene a loro, ma anche a noi!

Un’altra cosa importante, ma che comporta una certa attenzione da parte nostra, è legata al linguaggio e ai messaggi che invia al cervello.

Dobbiamo sforzarci di far caso alle frasi che i nostri figli sono soliti usare.

Se dicono spesso: “Non ce la faccio” (es. “Mi aiuti, mamma? Non ce la faccio”), “Ma io non sono capace!”, “Non ci riesco”, “Non sono bravo a calcio” o “In matematica sono negato!”, “In scienze non capisco niente!”, dobbiamo intervenire e modificare la loro frase in:

  • “Posso farcela!”
  • “Ci provo” o “Voglio provare a …”.
  • “Sono bravo in…”.

Questo li aiuterà a essere più positivi e a non generalizzare in negativo.

Se, ad esempio, dicono che il loro disegno fa schifo, facciamo notare loro che non è così: troviamo gli elementi positivi, senza ingannarli o illuderli. Ad esempio: “Del tuo disegno mi piace molto questo elemento” (troviamo un dettaglio che apprezziamo).

E per quanto riguarda noi, stiamo attenti alle parole che diciamo loro, soprattutto quando siamo irritati:

“Sbagli sempre!”, “Possibile che non ne fai una giusta?”, “Non cambi mai!” sono generalizzazioni che fanno danni.
Meglio essere più precisi e dire:
“In questa cosa hai sbagliato, ma puoi migliorare” oppure
– “Stavolta non è andata tanto bene, proviamo in un’altra maniera!”.

In questo modo, i bambini capiscono quello che non va bene, ma il nostro intervento è costruttivo, non distruttivo.

Quindi non si tratta di dire a nostro figlio delle falsità, ma di incoraggiarlo a “parlarsi” in modo diverso, perché i messaggi che manderà al suo cervello gli permetteranno di affrontare in modo positivo le difficoltà e gli ostacoli della vita.

Allora insegniamogli a farsi i complimenti per ciò che riesce a fare:
– “Sono stato bravo”,
– “Sono capace di…”,
– “Mi voglio bene”.

Deve rendersi conto di avere le capacità per fare di tutto, ma sapere che per farlo bisogna impegnarsi, concentrarsi e mirare all’obiettivo.

Aiutiamolo allora e stimoliamolo con queste frasi, soprattutto quando dubita di sé:

  • “Ho fiducia in te e nelle tue capacità”,
  • “ti voglio bene e ce la farai”,
  • “lo sai fare come gli altri, devi aver fiducia”
  • “la vita è fatta anche di insuccessi, quindi se questa volta è andata così la prossima volta andrà meglio”,
  • “si è capaci anche se qualche volta si sbaglia”.

Per riuscire a guardare alla vita con positività, nostro figlio deve imparare a dare il giusto peso agli eventi ed è tutta questione di “allenamento”.

Guardare alla realtà senza negativizzare tutto richiede continuità: va fatto tutti i giorni.
Magari iniziando dal buon umore, che trasmette serenità, speranza e allenta le tensioni.

Cerchiamo dunque di “sorridere” più spesso: i nostri figli (e non solo) ne godranno tutti i benefici.

Non illudiamoci però: i nostri figli non diventeranno positivi “per magia” e da un giorno con l’altro!

Dobbiamo educarli noi a questo atteggiamento: noi, che siamo le persone più influenti nella loro vita.

E a chi si lamenta, dicendo: “Anche questo devo imparare?!?”, rispondo che fare il genitore è un duro lavoro da svolgere tutti i giorni e, come tutti i lavori, prevede un continuo apprendimento se si desidera migliorare.

Il potere che ne deriva è enorme: influenzare l’intero futuro dei propri figli.

 

 

 

Ragazzi, giocate con le parole e il vostro lessico si arricchirà!

Questa settimana la sfida è legata al “linguaggio”.

Come ben sapete, avere un lessico ricco, conoscere il significato di molte parole e saperle usare al momento giusto porta parecchi vantaggi sia a scuola che nella vita.

A scuola ci permette di “guadagnare” buoni voti.
Pensate ai temi, dove saper usare sinonimi permette di ribadire concetti senza farli sembrare ripetizioni.
Oppure nelle interrogazioni, dove è possibile esprimersi senza giri di parole.

E nella vita?
Beh, chi non viene intimorito o colpito nell’ascoltare persone che si esprimono con parole inusuali?
Ci sono persino professioni che hanno nel linguaggio la loro forza.
Pensate ai politici, ad esempio, che usano “paroloni” (che la maggior parte della gente non capisce).

Insomma, spendere tempo per imparare sempre più parole ci fa guadagnare punti, perché ci permette di comunicare meglio con tutte le persone, sia quelle istruite sia quelle meno.

E se le parole non ci vengono in mente? Se sono il nostro punto debole?

Alcuni ragazzi a scuola pensano di essere poco intelligenti, perché sono “scarsi” quando devono esprimersi.
Tranquilli!
Questo tipo di intelligenza (eh, già, ne abbiamo tante di intelligenze!) si può allenare.

Sì, vabbè, adesso ci dirai che dobbiamo leggere!

Niente affatto!

Vi propongo invece un gioco che faccio spesso con i miei studenti.
Potete provarci anche voi, in famiglia o con gli amici. E magari trasformare il gioco in una “sfida”.

Il gioco per sviluppare la fluidità verbale dura UN MINUTO (perciò calcolate il tempo con un timer).

Il responsabile del “tempo” vi chiederà di scrivere sul vostro foglio tutte le parole che vi vengono in mente e che iniziano con una lettera dell’alfabeto che lui deciderà.

Vi faccio un esempio: Parole che iniziano con la “S”!

Al termine del minuto, farà il calcolo di quante parole corrette avete scritto.
Non valgono i nomi e cognomi di persone né i nomi di città.
Escludete anche i diminutivi (es. casa, casetta).

Poi passate ad un’altra lettera e così via.

Vedrete, sarà divertente!

 

* Articolo scritto da Laura Gazzola e pubblicato il 23/10/2018 su La Provincia di Como (pagina dei ragazzi).

Il motore di tutto sei tu!

La fine dell’anno si avvicina.
Ti guardi allo specchio e la tua espressione non è proprio felice né soddisfatta.
Un altro anno è volato via!

“Vabbé” pensi “tra pochi giorni volterò pagina: inizierò un nuovo anno!”.
Come se allo scoccare della mezzanotte potesse avvenire una magia.

Perciò te ne stai lì, immobile, ad attendere che la tua vita cambi, che accada qualcosa di bello, di speciale, che ti motivi o ti rassereni.
Intanto, però, non hai nessun progetto da realizzare, nemmeno l’idea.

Avverti una enorme stanchezza e la sensazione, sempre più dolorosa, che nulla cambierà.

MA IL MOTORE DI TUTTO SEI TU!
E l’energia per muoverti è dentro di te!

Alza lo sguardo, va’ oltre l’oggi.
Togli il freno a mano alla tua vita.

Prova a ricordare che cosa ti è sempre piaciuto (e che magari hai abbandonato).
Apri quel vecchio cassetto nel quale hai rinchiuso un sogno, un desiderio, un progetto.

NON AVERE PAURA DI RIMETTERTI IN VIAGGIO!

Guarda al futuro!

Insegna ai tuoi figli a guardare avanti!

Chi è “cresciuto” da un po’, sa che viene spontaneo guardarsi indietro e ripensare a ciò che si è fatto.
Capita soprattutto a chi ha dei rimpianti o qualcosa in sospeso.
Magari il famoso “sogno nel cassetto” mai realizzato.

Ma la vita va avanti comunque.
Non si ferma a consolarci né a motivarci.
Dobbiamo farlo da soli, trovando tutta l’energia che serve.

Guardiamo avanti, allora!

Noi adulti possiamo essere davvero utili ai ragazzi, se non ci piangiamo addosso e se non ci rimproveriamo per le scelte sbagliate.
In fondo qualcosa dal passato avremo pur imparato, no?!
E il passato, ormai, è passato. Continuare a torturarci non lo cambierà di sicuro né ci porterà dei benefici.

Ma se abbiamo sbagliato e vorremmo che i nostri figli non commettessero i nostri stessi errori?

Allora usiamo la nostra esperienza passata per far capire ai ragazzi che ci sono mille modi per realizzare il proprio obiettivo e ciascuno deve trovare il suo.

Spieghiamo loro:
– cosa ha funzionato per noi
– cosa crediamo che sarebbe stato meglio evitare.

Facciamo in modo:
– che ascoltino la nostra storia (evitando quindi di narrarla in modo noioso e ripetitivo oppure eccessivamente divertente)
– che ci facciano domande (significa creare volutamente dei “tempi vuoti”… bastano 10 secondi)
– che nasca in loro il desiderio di capire.

Non dovrà essere “una lezione”, ma una “condivisione”.
Un momento intimo da ricordare e di cui fare tesoro per sempre.