Ragazzi, l’ansia non è un mostro! Ecco come gestirla.

Chissà quante volte vi è capitato di esclamare: “Che ansia!”.

Forse i maschi si trattengono, ma sicuramente lo pensano quando si trovano di fronte a verifiche o interrogazioni.
Una ragazza mi ha detto che “odia la sua ansia” e la vorrebbe distruggere.
Un tredicenne mi ha scritto che è l’unica cosa di sé che vorrebbe eliminare.

Ma, ragazzi, l’ansia non è un mostro e non è lì per farci del male!

L’ansia si manifesta per farci capire che siamo preoccupati per qualcosa.
E’ come un amico che ci fa notare che siamo agitati e poi ci chiede: “Come mai? Di cosa hai paura?”.
Noi non sappiamo rispondergli, ma non per questo lo odiamo.

Se ci fate caso, l’ansia appare solo in certe situazioni: ecco perché dobbiamo ascoltarla.
Cosa ci sta dicendo?
Che forse non abbiamo studiato abbastanza? Che dovevamo fare più esercizi? Che non abbiamo le idee chiare?

Insomma, l’ansia ci obbliga ad “ascoltare” quello che abbiamo dentro e forse è per questo che ci sta antipatica.

Per farsi ascoltare, l’ansia usa il nostro corpo: ci fa battere più forte il cuore, ci fa tremare la voce, ci secca la bocca, fa sudare le nostre mani e dà al nostro cervello l’impressione di non ricordare più nulla. Così noi ci spaventiamo!

Allora cosa possiamo fare per tenerla tranquilla?

Una tecnica utile consiste nel respirare profondamente, finché non ci sentiamo più calmi: inspiriamo, tratteniamo il respiro per 4 secondi e poi espiriamo lentamente.
Possiamo anche metterci comodi e ascoltare musica rilassante e calmante.
Ma se proviamo spesso ansia, è bene iniziare a praticare uno sport, perché ci aiuta a schiarire i pensieri e a caricarci di energia positiva.
Un altro modo può essere quello di passeggiare nella natura, lontano dalla confusione, per immergerci nella quiete.
Avere poi un animale da coccolare è l’ideale.

L’importante è accettare l’ansia e vivere pian piano tutte quelle situazioni che ci agitano, per renderci conto – una volta superate – che non c’è più nulla di cui preoccuparci.

* Articolo di Laura Gazzola, pubblicato sulla pagina dei ragazzi de La Provincia di Como
(14/11/2017).

Dodici passi per accrescere l’autostima dei figli.

Sapete qual è una tra le maggiori preoccupazioni dei genitori?
La scarsa autostima del proprio figlio.

Vediamo quindi qualche consiglio, prendendo spunto dalle affermazioni di Kenneth Barish, uno psicologo infantile che sostiene che lodare i figli per i loro successi li aiuti ad accrescere l’autostima.

1. Diciamo loro che siamo orgogliosi di ciò che fanno per “gli altri”.
E “gli altri” sono anche la mamma e il papà. Perciò è bene che rimettano a posto la loro camera, i loro giochi, apparecchino e sparecchino. A ciascuno il suo compito: la famiglia è una squadra!

2. Esprimiamo la nostra felicità per i piccoli-grandi successi che raggiungono.
Questo sarà il trampolino di lancio verso nuove sfide da cogliere senza timore.

3. Aiutiamoli a gestire e a manifestare le emozioni.
E’ importante che imparino a non fare un dramma di fronte a certe delusioni.
I problemi si possono risolvere.

4. Teniamoli lontani dai nostri momenti di rabbia e frustrazione.
Quando siamo nervosi o stressati, cerchiamo di isolarci e di “sbollire”.
Ricordiamoci che i nostri figli non sono responsabili del nostro malessere.

5. Non critichiamoli, ma incoraggiamoli.
Dire: “Ma io non lo critico: cerco solo di spronarlo” è una bugia.
Incoraggiarli significa far sentire loro che ce la possono fare ed è ben diverso che criticarli.

6. Insegniamo loro l’importanza di rispettare i bisogni e i sentimenti degli altri.

7. Ascoltiamo la loro versione della storia, quando “combinano” qualcosa.
E’ importante far capire che li ascoltiamo, anche se poi facciamo notare loro che cosa stanno sbagliando.

8. Alleniamoli ad aver pazienza.
Se stiamo parlando con qualcuno, se stiamo telefonando, cucinando, ecc. facciamo loro capire che non devono interromperci, ma attendere il loro turno.

9. Rendiamoli responsabili.
Affidiamo loro dei piccoli compiti di responsabilità (per esempio apparecchiare, o accudire e insegnare ai più piccoli). Questo permetterà loro di diventare degli adulti più premurosi e attenti alle esigenze degli altri.

10. Diciamo “no”, ma con calma e senza aggressività.

11. Facciamo capire ai bambini di aver infranto le regole.

12. Non iniziamo le frasi con “se non”.
Capita di voler ottenere qualcosa da loro e iniziare la nostra frase con “Se non…”. Ma sbagliamo!

Metti ordine fuori e “dentro” di te!

Durante una sessione di Life coaching, una donna si lamenta di sé: “C’è disordine in casa e non lo sopporto! E’ che al disordine  fuori corrisponde il disordine che ho in testa! Cos’ho che non va?”.

Se anche voi vi siete posti la stessa domanda, sappiate che più siamo tesi, nervosi e più aumenta il nostro disordine in casa, come quasi a voler trasferire fuori la confusione che abbiamo dentro di noi.
E parliamo di “casa” perché quella è il nostro spazio privato, intimo: come direbbe Giovanni Pascoli, il nostro nido.
Molti psicologi spiegano che la casa rappresenta il nostro mondo interiore e può quindi essere la “foto” di come ci sentiamo in quel momento.
Attenzione: non significa che chi è disordinato, per forza abbia problemi che gli tolgono serenità. Magari il suo disordine è rappresentativo di una mente piena di idee, creativa.
Basta non giustificarsi, però, dicendo: “Anche mia madre lo era”, perché essere disordinato non è ereditario e non c’entra nemmeno con la mancanza di tempo.

Perciò… cosa succede se ci accorgiamo che la confusione in casa aumenta e noi non siamo dei disordinati cronici?

Certamente, dicono gli esperti, è sintomo di un disagio.

Potrebbe trattarsi di una decisione importante che non riusciamo a prendere, della lite con una persona a cui vogliamo bene, di un momento in cui abbiamo il morale un po’ a terra…
Potrebbe essere anche un modo per non guardarci dentro o per non riconoscere i nostri limiti.
Ecco quindi che lasciamo in sospeso questioni che ci tolgono serenità: le mettiamo lì e le lasciamo senza soluzione oppure le rimandiamo, esattamente come rimandiamo di mettere in ordine.

Lasciamo che i problemi vaghino per la nostra mente proprio come gli oggetti sparsi per casa.

Al lavoro ci sforziamo di essere in ordine, ma a casa ci lasciamo andare e siamo sciatti, trascurati, perché non ci prendiamo più cura di noi: i pensieri sono tutti rivolti a ciò che ci procura disagio.
E se un familiare ci fa notare come ci siamo ridotti, è peggio, perché al disagio si aggiunge il senso di vergogna.
Ci rendiamo conto di dover mettere in ordine la casa, ma proviamo un senso di fatica e ciò è legato al fatto di non avere le energie neppure per intervenire sui problemi della nostra vita.

E allora cosa fare? Come uscire da questo circolo vizioso?

Talvolta è sufficiente un evento positivo per darci nuovamente la spinta a ripartire.
Dobbiamo lasciare che il “nuovo” sostituisca il vecchio: le vecchie abitudini, i vecchi brutti pensieri, i vecchi oggetti, le vecchie storie d’amore o di amicizia ormai finite…
Partiamo da ciò che ci sta a cuore oggi e tagliamo “i rami secchi”: teniamo l’essenziale e liberiamoci da tutto ciò che non serve alla nostra vita (condizionamenti, giudizi e critiche distruttive…).

E visto che i cassetti, le scatole e gli armadi rappresentano il nostro mondo interiore, come rimettere ordine?

La prima cosa da fare è prenderci almeno mezz’ora di tempo per rispondere a semplici domande e “riflettere”:

  • Quali sono i miei bisogni oggi? (perché certamente saranno cambiati rispetto a quelli di tanti anni fa).
  • Quali sono le cose più importanti per me? (scriviamole in ordine: dalla più importante a quella meno).
  • Quali sono le cose assolutamente superflue nella mia vita? (scriviamole)
  • Di che cosa voglio circondarmi d’ora in poi nella mia vita quotidiana? (mettiamolo nero su bianco).

Dobbiamo muoverci nella direzione di cambiare la nostra esistenza, il nostro modo di vivere. E la nostra casa può aiutarci in questo: guardiamo a lei, ma pensando a noi.
Non è facile, ma occuparci di ciò che è utile e distinguerlo da ciò che è superfluo in casa, può stimolarci a farlo anche nella nostra Vita.

Bene, dunque! Avete scritto le risposte? Allora proseguiamo!

Prendiamo una decisione importante e scegliamo un momento “speciale”, nel quale non metteremo in ordine le cose come facciamo quotidianamente, ma faremo sul serio.
Organizziamoci in modo da avere la casa libera da figli, partner, animali domestici, così da non dover dare retta a nessuno e poterci concentrare solo sul riordino speciale, che deve essere solo quella volta e andare in profondità.
Poi…

  • Scegliamo da quale categoria partire (libri? Vestiti? Scarpe?) e non da quale stanza.
  • Lasciamo per ultima la categoria dei “ricordi” (foto, lettere, ecc).
  • Esaminiamo bene tutta la categoria (es. vestiti).
  • Scegliamo che cosa conservare, in base alle emozioni positive che ci trasmette (es. Apriamo il nostro armadio e chiediamoci: “Quel vestito mi fa battere il cuore?” . Se la risposta è “no”, eliminiamolo).
  • Non iniziamo a organizzare gli spazi se prima non abbiamo finito di buttare.
  • Buttiamo via tutto ciò che abbiamo scartato (senza rifilarlo a mamme, sorelle, ecc).

Per finire, ricordiamoci altre indicazioni utili di Marie Kondo, una vera professionista del riordino:

  • Evitiamo di riordinare se siamo tesi, di umore nero.
  • Teniamo la tv spenta, in modo da non distrarci.
  • Per rilassarci, ascoltiamo musica (ma senza parti cantate), così resteremo concentrati.
  • Iniziamo di buon mattino, quando siamo pieni di energie.

Persone tossiche: è il nostro corpo a dircelo!

Non tutte le frequentazioni che abbiamo ci fanno bene.
Ve ne siete mai accorti?

Se siamo ansiosi, ad esempio, può capitare di avvertire una sensazione di disagio in presenza di alcune persone, le quali – magari – ci parlano con particolare foga o ci assillano di domande ogni minuto.

Mi viene in mente una madre che, ogni qualvolta la figlia aveva un malessere, le domandava mille volte: “Come va?”, “Come stai? E’ passato un po’?”.
Col risultato che la figlia stava peggio.

Ci sono persone, amiche o familiari, che noi frequentiamo da anni, senza renderci conto che ci procurano “problemi”.
E come facciamo a scoprirlo?

Non è difficile, basta che “ascoltiamo” i segnali che ci manda quel saggio del nostro corpo.

A me era capitato diversi anni fa di rendermi conto che, dopo un po’ che mi trovavo in compagnia di un’amica, cominciava a dolermi il collo.
Un dolore sempre più acuto, al quale però non avevo mai associato la persona.
Quando lei ha cambiato città e quindi abbiamo smesso di frequentarci, il dolore è scomparso.
Allora ho capito: questa donna, sempre nervosa, tesa, sfogandosi con me non faceva altro che scaricarmi addosso tutti i suoi pesi.
E io me li caricavo sulle spalle, così che il collo si irrigidiva.

Sono tanti i segnali a cui possiamo stare attenti: la nausea, la tensione alle spalle, il mal di testa, di stomaco, di schiena…

L’importante è cominciare a farci caso e a domandarsi:
“Ma questa persona MI FA BENE?”.

E se la risposta finale è NO, valutare di diradare gli incontri o allontanarsi del tutto…

E se non possiamo farne a meno… essere consapevoli che rientrando a casa dopo averla frequentata… avremo un bel dolore o fastidio da qualche parte.

Emozioni: che fatica essere maschi!

Parliamo di maschi ed emozioni… e lo so che le “femmine” avranno da ridire, ma resta il fatto che i maschi non hanno una vita semplice come a volte siamo solite credere.

Spesso li accusiamo di essere “insensibili”, e forse qualcuno lo è.

La maggior parte, però, cresce sentendo il dovere di “nascondere” i propri sentimenti, le proprie emozioni, perché ancora oggi l’immagine del maschio che va per la maggiore è quella di colui che raramente è triste, abbattuto, incerto o sofferente.

Di un maschio si può dire tutto: che è disordinato, distratto, superficiale… Insomma, i peggiori difetti.
Ma nessun maschio vorrebbe essere definito “vulnerabile”, perché ne andrebbe della sua immagine e del suo ruolo.

E così, sin da piccoli, imparano a non esternare le proprie emozioni.
Avete presente quando un maschietto piange perché si è fatto male o ha paura?
Spesso la risposta di chi gli sta intorno è: “Su, smettila di fare la femminuccia!”.
E non c’è nulla di peggio che essere considerati delle femmine, perché significa “non essere maschi”.

I maschi, quindi, imparano a non mostrare i propri sentimenti, a non renderli pubblici.

Come fanno allora, quando sono a terra?

Cercano di distrarsi, magari uscendo di casa: c’è chi va a correre, chi va al bar vicino a casa, chi fa un giro in auto, in moto o in bici, chi si dedica a uno sport, chi fa bricolage.
A casa, intanto, mamme, mogli, compagne, fidanzate si lamentano e si arrabbiano, perché in certi momenti difficili, loro – i maschi – reagiscono con il SILENZIO.

Ma loro non hanno intenzione di farci stare male;
non stanno in silenzio perché non hanno nulla da dire;
non sono privi di sentimenti o emozioni.

E’ solo che, manifestare il loro dolore, parlare della loro sofferenza, li farebbe apparire “fragili” e non lo vogliono.

Noi femmine, anche le più forti, possiamo permetterci il lusso di piangere, di crollare, di chiedere aiuto…  I maschi no, perché sin da piccoli sanno che non verrebbe apprezzato.

E questo è profondamente sbagliato.

Non lasciare che la vita passi: viaggia!

Magari ti è già capitato di immaginare di fare un viaggio per fuggire dalla vita che conduci e dai problemi che ti incatenano. Magari hai pensato di farlo per staccare la spina dalla tua quotidianità e darti il tempo di riflettere…

Allora, fallo davvero!

Quella vocina che ti suggerisce di partire è il bisogno di afferrare la vita e di non lasciarla scappare via.
E’ il desiderio di sentirti vivo!
E viaggiare ti regala un senso di libertà e una grande ricchezza.
Quello che vedi e che vivi durante un viaggio, prima ti lascia senza parole, ma poi ti trasforma in un grande narratore.

Perciò, parti!

Non importa quale sia la meta, se vicina o lontana.
Basta che ti permetta di vedere qualcosa di nuovo, che faccia cadere la tua routine.
Apri la porta a qualcosa di diverso: compra un biglietto dell’autobus o del treno o della nave o dell’aereo e inizia a nutrire la tua cultura, la tua curiosità e la tua voglia di conoscere.

Se non hai nulla da cui fuggire, perché la tua vita va bene… viaggia per festeggiare qualcosa di buono.
E se invece ti è successo qualcosa di doloroso, viaggia per dimenticare.
Non ti è successo niente? Allora viaggia per far accadere qualcosa

Viaggiare significa muoverti, allontanarti da casa, andare incontro al nuovo.
Viaggiare vuol dire metterti in movimento, dentro e fuori di te.

Viaggiare, purtroppo, è qualcosa che spesso rimandi, in attesa del periodo giusto, del meteo migliore, dell’occasione speciale, del denaro in abbondanza.
Ma non devi farti frenare da questi pensieri, perché altrimenti non viaggerai mai.

Perché vuoi muoverti? Che cosa ti spinge a farlo?
Sono le risposte a queste domande che ti daranno la direzione.

E un viaggio ti regala emozioni, sensazioni che non scorderai mai più.
Un viaggio ti metterà di fronte a nuove persone, nuovi colori e nuovi profumi. Mostrerà ai tuoi occhi le meraviglie del mondo (se avrai la possibilità di andare lontano) e ti permetterà di conoscere nuovi costumi.
In poche parole, ti aprirà la mente e ti sentirai trasformato alla fine del viaggio.

Muoverti ha un costo, è vero, ma ti arricchisce davvero.
E ti rendi conto, viaggiando, che le cose migliori della vita non sono materiali: non il cellulare di ultima generazione né gli occhiali griffati o il tablet da migliaia di euro.

Viaggiare dà libertà alla tua immaginazione e rianima le tue idee.
Il viaggio non lo misuri in chilometri o in miglia, ma in tutti gli incontri che fai e le storie che ascolti.
Puoi condividere il viaggio con amici e familiari, oppure puoi scegliere di viaggiare da solo per ascoltarti, metterti alla prova e crescere.

In qualsiasi modo tu decida di farlo, viaggiare è un modo per amare te stesso e prenderti cura di te, trasformando i tuoi sogni in realtà e trovando le risposte che cerchi.

Puoi scegliere di vivere anche senza viaggiare, senza andare incontro all’ignoto…
Ma così come una nave non è stata creata per restare immobile nel porto sicuro, tu non sei nato per restare fermo, ma per dissetare il tuo bisogno di conoscere e condividere.

Chi semina e coltiva amore… non muore mai!

Siamo così fragili noi esseri umani.
Nei periodi della Vita in cui le cose vanno bene ci sentiamo forti, invincibili, quasi immortali.

Spendiamo tutte le nostre energie per il lavoro.

Cavalchiamo le onde e non resta tempo per coltivare gli affetti.
Quelli ci sono oggi e ci saranno anche domani, pensiamo.

Poi, però, arriva il momento in cui la Vita ci afferra, ci stritola, ci sbatte di fronte a malattie incurabili, a morti premature.
E allora tutta quella sensazione di “immortalità e forza” svanisce e ci sentiamo fragili, vulnerabili, provvisori.

La Vita improvvisamente sembra fuori da ogni nostro controllo.

Ma è in quel momento che recuperiamo ciò che conta di più: l’Amore.
L’Amore che ha mille sfumature e che è racchiuso in un abbraccio silenzioso, in una carezza delicata, nell’ascolto attento dell’altro, nella condivisione di pensieri ed esperienze, nel dialogo aperto e sincero, in uno sguardo pieno di comprensione.

E’ l’Amore a renderci “immortali”, perché chi semina e coltiva Amore non muore mai.

Appendi nuove foto e vivi il Presente!

“L’estate sta finendo” recitava una canzone di tanti anni fa, ma le fotografie che abbiamo scattato ce la rendono più viva che mai.
A me piace molto immortalare luoghi, persone, momenti che mi regalano poi un’emozione.
Già quando inquadro provo emozioni, che poi si fissano dentro di me e mi permettono, riguardando la foto a distanza di tempo, di riprovare le emozioni di un tempo.

Sono i ricordi.

I ricordi racchiusi in una foto, che tengono traccia della nostra vita, delle nostre radici.
Chi non ne ha appese in casa?!
Io, a dire il vero, ne ho sparse ovunque e non ne potrei fare a meno, perché sono lì e mi ricordano chi sono.

Tuttavia le fotografie, così preziose, possono diventare anche un freno
Già, perché riempire la casa di foto del passato o semplicemente mantenere le foto del passato, senza aggiornarle mai, può farci vivere nella nostalgia di ciò che è stato, facendoci perdere di vista il presente e la bellezza di ciò che stiamo vivendo.

E’ un po’ come stare “fermi”.

E chi di noi, guardando foto di dieci o vent’anni fa che ci ritraggono più giovani, sorridenti, pieni di energia, non prova un po’ di nostalgia o sconforto nel rendersi conto di quanto sia volato il tempo o di quanto sia cambiato l’aspetto fisico o l’entusiasmo?
I ricordi sono fondamentali, ma restare ancorati solo al passato ci impedisce di guardare al futuro e di godere del presente.

Come possiamo fare quindi?

Sicuramente mantenere alcune foto del passato che ci legano a ricordi importanti: ricordi che ci danno la carica, che ci fanno sentire bene (come certe foto di famiglia, che basta guardarle per sentire tutto l’amore che ci sostiene).
E le altre foto?
Quelle appese da anni?
Quelle delle vacanze di un decennio fa?
Quelle dovremmo sostituirle con foto decisamente più recenti.
Lo so, è un lavoro di cernita che comporta tempo… Quel tempo che manca sempre o quasi.
Tuttavia è importante circondarci di foto recenti, che ci mostrano così come siamo oggi e ci ricordano avventure appena vissute.

E’ un buon modo di “stare” nel presente e di guardare avanti.

A volte, infatti, il passato può diventare una zavorra.
Anche se fissato su una bella fotografia.
Voltiamo pagina, dunque! Cominciamo dalle cose più semplici, come le foto.

Vederci felici nella foto di una vacanza appena trascorsa, ci ricorda che il nostro presente non è fatto solo di problemi, di corse, di arrabbiature, di stress…
Nel nostro presente ci sono anche le gioie, le risate, le avventure
E chissà quante ancora ce ne saranno nel nostro prossimo futuro!