Non festeggiare San Valentino se…

San Valentino è la festa di “chi è innamorato”.
Per questo ho pensato di sintetizzare il pensiero di alcuni illustri studiosi che parlano di amore “vero”, in modo da chiarirci le idee e valutare se festeggiarlo o meno.

Ecco 15 VALIDI MOTIVI per “NON FESTEGGIARLO”:

1) Perché credi di essere innamorata, ma non lo sei.
Infatti, provi una forte attrazione e pensi continuamente al partner, ma dopo aver provato per un po’ queste emozioni, perdi di interesse per lui.

2) Perché quando ti chiedono se sei “innamorata” del partner, rispondi elencando tutte le sue straordinarie qualità, ma non ti viene in mente di dire che cosa provi TU per lui.

3) Perché del partner vedi SOLO le mille qualità e quando, improvvisamente, compaiono i difetti, ti senti ingannata, tradita.
In realtà hai fatto tutto da sola.

4) Perché, sebbene tu ti senta “sulle nuvole”, non hai un PROGETTO COMUNE che ti leghi a lui.

5) Perché, anche se è trascorso molto tempo e dici di stare bene con l’attuale partner, in realtà NON hai sotterrato il passato e continui a soffrire per il tuo ex.

6) Perché hai una paura folle del futuro (invece chi è innamorato veramente non ce l’ha).

7) Perché non riesci ad avere piena fiducia nel tuo partner, ad abbandonarti e affidarti a lui.

8) Perché non senti l’importanza di essere “vera”, autentica e trasparente con il tuo partner.

9) Perché tra te e il tuo partner NON c’è l’apprezzamento (reciproco) di essere unici, straordinari e insostituibili per l’altro.

10) Perché NON ti senti accettata per ciò che sei e quindi cerchi di diventare ciò che il partner vorrebbe.

11) Perché con il tuo partner ci sono sempre continui SCONTRI. Una sorta di vita senza felicità “vera”. Un semplice “tirare avanti”.

12) Perché stai ormai facendo la CONTABILITÁ del dare e avere: “Io ti ho dato e tu no”.

13) Perché non senti il desiderio di chiedere spesso al tuo partner “Che cosa pensi?”
(chi è innamorato, invece, vuole sapere dell’altro, della sua vita, dei suoi pensieri nascosti).

14) Perché quando il partner ha dei problemi NON ti senti coinvolta, perciò gli dici: “Ti amo, ma risolvi prima i tuoi problemi e poi torna da me” (se sei innamorata, invece, i problemi del partner diventano spontaneamente anche i tuoi, da risolvere insieme).

15) Perché dici di amare il tuo partner, ma non lo porti con te nella tua vita: lo tieni separato dal tuo lavoro, dai tuoi amici, dai tuoi progetti per il futuro.
Continui la tua vita, senza modificare nulla, conservando sempre i tuoi rapporti (dai quali il partner viene escluso), mentre lui deve stare alle tue regole, sempre in attesa.

Se ti ritrovi in molti di questi punti NON sei innamorata (oppure non lo è il tuo partner di te).
Perciò a che serve “festeggiare”?

“Mi sentivo vuota e senza stimoli: per questo sono felicissima del mio percorso di Coaching!”.

Conoscevo Laura solo di nome.
Di lei sapevo che era una prof di scuola media, perché ne avevo sempre sentito parlare benissimo da genitori che l’avevano avuta.
Poi un giorno ho scoperto che era anche una Life Coach!

Bene!, ma cos’è una Life Coach???
Ho poi capito che era tutto quello di cui avevo davvero bisogno

Stavo vivendo un periodo particolarmente duro: avevo dovuto affrontare un grave lutto e una gravidanza.
Qualcosa in me non andava più bene…

E’ difficile da spiegare, ma non ero più io… O meglio: non mi “sentivo” più io.

Mi sentivo vuota e senza stimoli: volevo uscirne, ma non sapevo come.

Così, anche se ci ho messo un po’, alla fine mi sono decisa a comporre il suo numero.
Già da quella chiacchierata al telefono, Laura ha subito capito la mia situazione e io, dopo tanto tempo, finalmente mi sono sentita capita!

Ricordo il primo incontro…
Ricordo benissimo il sorriso con cui mi ha accolta: un sorriso difficile da dimenticare.

Cosi è iniziato il mio percorso alla scoperta delle mie potenzialità e non solo.

Laura mi ha aiutata a capire quale obiettivo pormi per tornare a sentirmi me stessa e mi ha aiutata a costruire il “ponte” per raggiungere la mia meta.

Mi ha vista piangere e sorridere, ha gioito con me per ogni mio piccolo traguardo raggiunto, mi ha spronata e a volte anche bacchettata.

Non potrò mai smettere di ringraziarla per il lavoro fatto con me!

La mia vita ha una strada ancora lunga… ma se guardo indietro sono felicissima del cammino che ho fatto.

Anzi!, che “abbiamo” fatto. 😊

Alessia B.

Sarò davvero innamorata di lui?

Quante volte le ragazze mi raccontano di “pensare sempre a quel qualcuno” e quante volte le donne adulte mi confidano i loro dubbi, le loro sofferenze per quel partner che è ormai tanto diverso da come l’avevano conosciuto.

Spesso la domanda sottintesa è

“Sarò davvero (ancora) innamorata di lui?”.

A questo proposito mi viene in mente che alcuni decenni fa, un noto studioso nonché docente universitario, Francesco Alberoni, aveva realizzato uno studio veramente interessante su questo argomento. Tanto interessante che lo ricordo ancora.

Proviamo dunque a conoscere meglio “l’innamoramento”, così da dare risposta alla nostra domanda.

L’innamoramento non c’entra con la sessualità e quindi non è scontato che nasca da quella.
Tra l’altro, non è un evento unico nel corso della vita, perché può capitare di innamorarsi una seconda volta, ma può anche accadere di non innamorarsi più.

La mia nonna, ad esempio, rimasta vedova in giovane età, ha amato soltanto mio nonno e, una volta perso lui, non si è mai più innamorata.

Ma come faccio a capire di essere innamorata sul serio?

Be’, quando si è innamorati si pensa che tutto sia meraviglioso grazie alle “straordinarie” qualità del partner… E non ci si rende conto che l’altro è una persona normale, uguale a tutti gli altri esseri umani.

Ciò di cui non si è consapevoli è che “a rendere così diversa la nostra vita” sia la nuova esperienza, ovvero l’esserci innamorati.

E si sa, quando si è innamorati si desidera stare sempre col partner per potergli parlare e poterlo anche abbracciare, baciare, accarezzare… Di lui vogliamo sapere tutto, in modo da sentirci più vicino a lui ma anche poter essere noi stesse.
Di lui capiamo ogni gesto, tanto che la vita sembra più bella e persino più semplice.

Intendiamoci, la quotidianità non ha proprio niente di straordinario… ma quando siamo innamorati, tutto diventa magnifico. E così, un’ora con l’amato è paragonabile all’eternità e questo è il motivo per cui, perdendo l’amato, si vive con un’eterna nostalgia.

Sì, ok, Coach. Ma come faccio a distinguere una “cotta” dall’essere innamorata veramente?

Semplice!

Una delle caratteristiche dell’innamoramento è che si hanno degli ostacoli da superare.
Alberoni dice infatti che senza ostacolo non c’è vero innamoramento.

E a me vengono tanto in mente coppie giovani in cui tutto procede bene finché la strada è spianata dai genitori, che comprano loro la casa nuova, l’arredamento, i festeggiamenti per le nozze, il viaggio, ecc. Alla prima difficoltà, però, queste coppie “scoppiano”.

Il fatto è che superare gli ostacoli permette di “costruire” qualcosa di nuovo (una coppia, una famiglia) a partire dall’unione di due individui che hanno compiuto un percorso di cambiamento, di crescita prima di incontrarsi (come – ad esempio – aver “tagliato” del tutto con il rapporto precedente).

OK, Laura! Ci devono essere degli ostacoli da superare insieme… Tutto qui?

Sappiamo di essere innamorati quando il desiderio di vedere o di sentire l’altra persona riappare più e più volte, fino ad imporsi, ad essere costante.

E questo fatto ci spinge ad una “rinascita”, perché ci permette di ripensare al passato senza più provare delusione o dolore.
E’ un po’ come dire che il passato viene privato del suo valore e così si può arrivare a provare tenerezza per l’ex, di cui non ce ne importa più niente e verso il quale ci si sente gentili e buoni, grazie al nuovo amore.

Ma, ribadisce Alberoni, la vera storia dell’innamoramento è legata al “modo” con cui si affronta, si risolve oppure si aggira un grande ostacolo… e lo si fa insieme.

Altro che “… e vissero tutti felici e contenti”! La vita di coppia idilliaca non esiste!

La quotidianità è fatta di problemi, di scontri. Perciò è normale alternare momenti di felicità ad altri di sofferenza. Non esiste un reale equilibrio quando si ama!

Tuttavia è vero che chi è innamorato si sente felice nel fare qualcosa per la persona amata, perché i suoi desideri sono gli stessi di quelli dell’amato.

E… cosa importantissima: se sei innamorata del tuo partner, è impossibile che ti innamori di un altro!

E ora veniamo alla “domanda fondamentale”…

Come passiamo dall’innamoramento all’amore che dura nel tempo?

L’amore è la conseguenza naturale dell’innamoramento: passiamo da qualcosa di impetuoso e nuovo a qualcosa di quotidiano. Ma c’è qualcosa che non cambia e cioè che l’innamorato non vuole altro che essere amato per sempre.

E sai quando capisci che l’amore sta finendo? Quando cominci a fare i conti “io ti ho dato e tu no”…

In effetti, quando siamo innamorati diamo tantissimo senza domandarci se è giusto o no, se è troppo o se l’altro ricambia allo stesso modo.

Ovviamente è scontato che “il dare” sia reciproco e che i problemi e le difficoltà si affrontino insieme.

Si passa all’Amore, quindi, attraverso una serie di “prove” che l’amato deve superare. Sono prove di diverso tipo e si legano a due bisogni principalmente: al bisogno di “verità”, verificando perciò che l’amato sia sincero e leale, e al bisogno di “reciprocità” , ovvero verificando di avere obiettivi comuni ben chiari.

Se le prove, invece, sono richieste che comportano la “rinuncia” ai propri progetti, ai propri sogni (come avere una famiglia, dei figli, sposarsi), alla propria vita… il legame è destinato a rompersi, perché sono prove che non si superano e si trasformano in punti di non ritorno.

Ultime verità importantissime:
– l’innamoramento diventa Amore, quando non c’è più l’entusiasmo iniziale, ma si sviluppa una reciproca dedizione;
– non è proprio scontato che l’innamoramento diventi Amore, ma è possibile che un Amore nasca anche senza innamoramento, ad esempio da un incontro sereno, dal piacere di stare insieme, dall’avere idee e obiettivi comuni.

Ora tocca a voi capire a che punto siete e se la vostra storia avrà lunga vita o meno.

Ma chi l’ha detto che dobbiamo essere per forza e sempre al top?

Oggi per essere considerati al top e godere del consenso generale dobbiamo avere una serie di caratteristiche: sempre in salute, sempre sorridenti, sempre in linea e prestanti, sempre pieni di amici, con stipendi da capogiro, con figli perfetti, con partner devoti…

Certo non possiamo cambiare quello che pensa la massa, ma possiamo domandarci:

“Essere così, mi rende felice?”

La realtà è che, se per inseguire questo “standard”, ci stressiamo così tanto da perdere il sorriso… Beh, forse stiamo rincorrendo qualcosa che non ci rappresenta e questo significa che stiamo perdendo noi stessi e i nostri veri bisogni.

Chi vorrebbe mai snaturarsi?
Eppure ci sforziamo ogni giorno per essere come gli altri ci vogliono.
O per lo meno, come “crediamo” di dover essere.

Certo, a chi piace essere malato, grasso, solo e con uno stipendio da fame?
A nessuno. Ovvio.
Ma ragionare per estremi non ci aiuta.

Chi l’ha detto che bisogna essere al top, altrimenti si è sotto zero?

Magari non siamo al top, ma se ci analizziamo possiamo renderci conto di quante qualità abbiamo, quanti obiettivi abbiamo già spuntato e quanti aspetti positivi caratterizzano la nostra vita.

Ma per fare questo dobbiamo imparare a rilassarci
Smetterla di rincorrere ciò che non siamo e che non saremo mai.

E guardate che io credo profondamente nella spinta e nella capacità umana di migliorare se stessi.
Perciò non fraintendetemi: il mio non è un invito a impigrirci, a trovare scuse per non impegnarci né agire.

Il fatto è che dobbiamo sentirci liberi di scegliere in che cosa migliorare.
Non devono imporcelo gli altri.

Anche perché la motivazione deve venire da “dentro” per spingerci davvero e per lungo tempo.
Altrimenti iniziamo qualcosa e poi la abbandoniamo…
Col risultato di sentire di aver fallito.

Pensate allora a dove va a finire la nostra autostima!

Diventa un circolo vizioso: più inseguo obiettivi che non “sento” (ma che mi impongono gli altri), meno motivazione ho e più rischio di fallire.
Se fallisco, mi convinco di non essere all’altezza e la mia autostima crollerà.
E con un’autostima così bassa non intraprenderò mai nulla di nuovo e quindi non sarò mai all’altezza di quegli standard che mi impone la società…

Quindi, se vogliamo essere felici, dobbiamo stabilire i “nostri” standard e definire gli obiettivi importanti per noi.

Magari non saremo al top agli occhi degli altri…
Ma il successo – oggi –  è vivere facendo scelte (magari impopolari) che ci regalino serenità e pace.

Perciò smettiamola di competere quotidianamente con modelli che non ci appartengono!
La nostra vita ci ringrazierà.

Se hai superato i 40 e vai verso i 50… sfodera un bel sorriso: è tempo di pensare a te.

Entrare negli “anta” è un momento che non si dimentica e che si può vivere in modi completamente opposti:
c’è chi è felice di poter dire finalmente “Oh, guarda che io non sono mica nata ieri!” e chi invece va in crisi perché “gli anta” la fanno sentire vecchia.

Comunque tu l’abbia vissuto, una cosa è certa: si fanno dei bilanci, si guarda a che cosa si è lasciato indietro e a come si è cambiate.

A volte il bilancio è positivo, perché si è raggiunta una tale sicurezza di sé da sentirsi pronte a cogliere nuove sfide.
Altre volte si entra in crisi, rendendosi conto di aver messo in stand by la propria vita, di aver rinunciato a una serie di esperienze che ora sembrano irrecuperabili.

Non è quindi importante il numero dei tuoi anni sulla carta d’identità, perché ci sono donne che, superati i 40, si sentono già vecchie e altre invece che si abbattono compiendo i 50.

Sophia Tucker ha detto “La vita comincia a quarant’anni”.
Ma quante direbbero con sincerità la stessa frase?

In effetti i cambiamenti ci sono entrando negli “anta” e procedendo verso i 50.

  • Cambia il fisico
  • Cala l’energia e si allungano i tempi per il recupero
  • Si ha meno pazienza
  • Ci si sente ancora giovani “dentro”, ma fuori non lo si è più
  • Si è “signore” e non più ragazze…

Però ci sono anche degli aspetti positivi e tra questi – fondamentale – una maggiore sicurezza di sé per l’esperienza di vita accumulata. Fantastico, no?

Sì, belle parole, ma se hai dei rimpianti o qualche desiderio rimasto indietro?

E’ certamente il momento di realizzarlo!
Buttati e segui il tuo istinto!

Eh, ma se ormai non è più il momento?

E chi l’ha detto?
Sai che Cristoforo Colombo aveva 41 anni quando ha scoperto l’America?
E Leonardo da Vinci ne aveva 51 quando ha dipinto la Gioconda?

Jim Carrey ha detto:
“… devi separare te stesso da quello che gli altri si aspettano da te e fare ciò che ami. Perché se hai 50 anni e non fai quello che ami, che senso ha?”.

E allora, tu a cosa vuoi dedicarti?
Qualunque cosa vuoi fare, falla.

Non sai da che parte iniziare?
Scrivi una lista di ciò che ti piacerebbe fare.

Poi metti in ordine di gradimento le voci in elenco.
Verifica che il risultato dipenda da te, esclusivamente da te.
Ora puoi partire dal numero uno, il primo della tua lista.
Su un foglio scrivi tutto ciò che – secondo te – devi fare per raggiungere il tuo obiettivo.

Prepara i vari step e…
Inizia a contare: 5 – 4 – 3 – 2 – 1 – 0!  E via con l’azione!

Comincia a inseguire il tuo desiderio, il tuo sogno, il tuo obiettivo!
Non fai male a nessuno, lo sai.
Alleggerisci la tua vita.
Smetti di sovraccaricarla!

Regala i libri che sai che non leggerai mai.
Elimina i vestiti che non vuoi più indossare.
Allontana da te anche i pensieri negativi, i ricordi che fanno male, le persone sgradevoli.

Ora è il momento di pensare a te!

Essere felici è davvero possibile?

Da molti anni sulle riviste, nei blog, nelle pubblicità sentiamo parlare di quanto sia importante essere felici.
E molte volte, lo confesso, ho pensato “Ma che scoperta! E’ ovvio che sia importante, perché quando sei felice riesci a fare tutto meglio… Persino a stare meglio di salute!”.

E allora perché continuano a parlarne?

Nella Dichiarazione d’indipendenza americana (4 luglio1776) si legge che “a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.

Trovo meraviglioso aver diritto alla felicità!

Ma come la mettiamo con la realtà di tutti i giorni?
Vallo a dire a chi perde il lavoro, a chi si ammala gravemente, a chi non riesce ad avere figli, a chi non trova l’anima gemella…
E pure a chi ha i figli, il partner, il lavoro, che però gli procurano solo problemi, pensieri, notti insonni.

Credo allora sia importante riflettere sul concetto di “felicità” e farlo qui, ora, insieme.
Solo così potremo orientarci nella direzione giusta per trovarla.

Diciamo subito che la felicità non è uno stato permanente, senza pensieri né crisi e dove la vita procede senza scossoni.

Sarebbe infantile e sciocco immaginare di vivere tutti i giorni toccando il cielo con un dito.
Eppure tutti noi abbiamo provato questa emozione in occasione della nascita di un figlio, della dichiarazione dell’amato, della laurea, del raggiungimento di un traguardo…
Momenti dove abbiamo sentito battere forte il cuore, ma che hanno avuto breve durata. Un’eccitazione che non può durare anni, è ovvio.

Perciò scartiamo l’idea che la felicità sia quell’ebrezza che ci fa vedere il mondo “rosa”.

La felicità non coincide nemmeno con il concetto ormai diffuso del “prima io e poi gli altri”, perché è troppo facile stare bene ignorando o calpestando i bisogni e i diritti degli altri.

Ci sono poi le pubblicità, che ci bombardano di messaggi dove – per essere felicedevi “possedere” qualcosa: l’eterna bellezza, i “Like” sulle tue foto, l’abbigliamento griffato, il fuoristrada, la casa lussuosa… E poi devi andare alla Spa, mangiare cibo biologico, trovarti con gli amici per l’happy hour anche se hai l’influenza…

Questa non è felicità: è qualcosa di effimero, passeggero e se abbiamo questa idea della felicità, saremo infelici per tutta la vita. Niente ci appagherà mai abbastanza.

Ma allora come si fa ad essere felici?

Possiamo arrivarci cercando di mettere in equilibrio le sfere della nostra vita: il lavoro, le relazioni, la cura di noi stessi.

Perciò non serve che ci batta forte il cuore.

L’importante è riuscire a provare soddisfazione per ciò che facciamo e abbiamo.
Vivere giorno dopo giorno con uno stato d’animo positivo.

Sì!, bello!, ma se non proviamo tutta questa soddisfazione?

Allora dobbiamo andarcela a cercare! Tocca a noi migliorare la nostra situazione!

Lo vogliamo o no raggiungere questo stato d’animo positivo?

E allora non lasciamoci fermare da dubbi, esitazioni.
Nessuno in famiglia lo capisce?
Eh, pazienza! Faremo da sole.
Cercheremo una soluzione e ci metteremo in gioco come se si trattasse di una sfida.

Gli ostacoli da superare ci paiono montagne?
Il desiderio di stare bene deve essere più forte.

E poi cerchiamo e troviamo dei validi alleati: medici, allenatori, life coach…

L’importante è non rinunciare ad essere “felici”.

Stanca? Pigra? Niente affatto!

Una donna mi dice: “Sa quante volte non ho voglia né energia per andare in palestra, ma mi obbligo a farlo? Sì, perché altrimenti mi impigrisco!”.

Ma la pigrizia non c’entra.

Conosco persone che corrono anche dopo 10 ore di lavoro, magari con la pioggia e il buio;
altre che fanno trekking in montagna sotto la neve; altri che pedalano pure d’inverno, col freddo che fa e altri ancora che vanno a nuotare, saltando la cena.

Non sono “più determinati” degli altri.
Hanno semplicemente trovato l’attività che li appassiona.

E quando qualcosa piace, fa stare bene… non si vede l’ora di farla.

Ecco dunque la risposta:

fare un’attività che ci regala uno stato di grande benessere, senza finalizzarla per forza a dimagrire, tonificare o quant’altro.

Praticarla perché ci piace e il pensiero di ripetere l’esperienza è già una gioia.

La relazione che vivi ti rende infelice? Sposta il focus!

Oggi parliamo di relazioni sentimentali che NON ci rendono felici.

Ne parliamo al femminile, perché sono parecchie le donne – giovani e meno giovani – che si lamentano del partner e gli attribuiscono la colpa della loro infelicità.

Quando mi raccontano la loro storia, noto subito che parlano soltanto del partner:

“lui non fa questo, lui dice questo, se mi amasse direbbe o farebbe”…

E spesso vorrebbero che io dicessi loro che cosa prova o pensa il partner sulla base dei comportamenti che mi segnalano.

Vogliono entrare nella mente del partner e capire come ragiona.

Ma le cose non funzionano così.

Queste donne si sfiniscono di domande a cui non ci sono risposte e lo fanno nel tentativo (inconscio o meno) di avere il controllo su ciò che sta succedendo o che potrebbe accadere.

Praticamente, spostano tutta la loro attenzione da se stesse all’altro.
E fanno di tutto per far andar bene le cose, come se il risultato della relazione dipendesse solo da loro.

Si sforzano di essere accondiscendenti, in modo da non scontrarsi e soddisfare le esigenze del partner. Cercano di non deluderlo e di aderire sempre più all’idea che il partner ha di compagna ideale e di rapporto di coppia ideale.

Vi siete riconosciute in queste donne?

Se così fosse, proviamo ad approfondire il perché di questi comportamenti:

  • Magari siete convinte che per essere amate dovete essere “come il partner vi vuole” (le “brave” mogli fanno così!).
  • Magari sentite la necessità di avere il controllo su ciò che accade.
  • Magari a livello inconscio volete che il partner si comporti in un certo modo (cioè come voi desiderate) e, se ciò non succede, tentate di “cambiarlo” per trasformarlo nell’uomo giusto per voi.

Vi ritrovate in queste convinzioni?

E allora sappiate che portano a commettere gravi errori:

  • Focalizzarvi solo sul partner, vi allontana da voi stesse, dai vostri bisogni e desideri. Vi impedisce inoltre di ascoltare e comprendere le vostre emozioni, così utili per capire quale strada seguire. Nel tempo, il rischio che correte è quello di sentirvi sempre più inadeguate, con il conseguente calo della vostra autostima.

  • Vi convincete di poter far funzionare la coppia “da sole” e questo vi porta a essere schiacciate da questa responsabilità. E se doveste “fallire” nel vostro intento, vi carichereste anche della delusione, del dolore e della convinzione di “non essere state capaci” di far funzionare il rapporto.
  • Continuate a stare male, ma rimandate la chiusura del rapporto che non funziona, perché sperate che lui diventi come voi desiderate.

Come fare per uscirne?

Certo non è facile…

Prevede che voi cambiate il vostro modo di “vedere”.

Vediamo come:

1. D’ora in poi, quando vi rendete conto che i vostri pensieri pongono l’attenzione solo sul partner (es. perché dice questo?, perché si comporta così?), sforzatevi di concentrarvi su voi stesse e

domandatevi: “come mi sento io? Cosa desidero io? Questa situazione mi va bene oppure no? E come mai non mi piace?”…

2. Quando vi accorgete di fare i salti mortali per tenere in piedi il rapporto,

ripetetevi che “in una relazione si è sempre in due”, perciò la responsabilità è al 50%.

E se il partner non fa nulla per migliorare le cose, significa che è poco motivato a continuare la vostra relazione. Davvero volete investire su una relazione così sbilanciata? Pensate ancora che avrà un futuro?

3. Se da tempo pensate che è ora di chiudere la relazione, ma continuate a rimandare, perché sperate che lui cambi,

ripetetevi che le persone sono esattamente come le vediamo ora, nel presente.

Se aspettate che lui cambi… state solo perdendo del tempo prezioso.

In conclusione, lavorate su voi stesse e investite il tempo per ricostruire la vostra autonomia, che sta alla base della vostra serenità.

Scopri chi sei grazie agli amici che hai!

Noi adulti parliamo spesso ai ragazzi di quanto sia importante avere amici e ci preoccupiamo se non ne hanno tanti. Oppure ci lamentiamo con loro perché i ragazzi con cui escono, secondo noi, non “vanno bene”. E magari facciamo loro la predica affinché a scuola scelgano come compagno di banco “quello giusto”.

Ma cosa vuol dire?
Cosa intendiamo con “giusto”?
Proviamo a pensare a noi.
Sì, proprio a noi adulti.

Quando un amico è “giusto” per noi?

Ce lo siamo mai chiesti?
Io non credo…

Non esiste l’amico “standard”. Sì, insomma, quello con delle caratteristiche che verrebbero apprezzate da chiunque.

Magari abbiamo amici estremamente dinamici, che non stanno mai fermi e ci propongono sempre attività di movimento (bici, calcetto, corsa, trekking, nuoto) e a noi va bene così perché li consideriamo stimolanti. Magari abbiamo amici amanti del cinema, che vorrebbero facessimo abbonamenti e iscrizioni a circoli cinefili, oppure abbiamo amici appassionati di libri, che apprezziamo perché con loro possiamo riflettere e confrontarci su ciò che leggiamo.

Perciò, la prima cosa da fare è chiarirci:

“Chi è l’amico giusto per noi”?

Mettiamo quindi da parte il discorso dei figli, dei ragazzi, degli adolescenti e guardiamo a noi.

Di che cosa abbiamo bisogno per stare bene?

Prima o poi dobbiamo domandarcelo per capire se ci siamo circondati degli amici “giusti” per noi.

Faccio un esempio tratto dalla realtà:
una giovane donna che ho seguito con il Life Coaching, parlando delle sue relazioni amicali, mi ha detto: “Non so, non capisco che cosa mi stia succedendo: le amiche di sempre con cui ho condiviso vacanze, feste, divertimenti, non mi interessano più. E’ come se con loro mi annoiassi. Le trovo addirittura superficiali! E mi chiedo come sia possibile, visto che non è successo niente tra noi!”.

In realtà non è successo niente “tra loro”, ma “in lei” sì.
Il fatto stesso di aver iniziato un percorso di Life Coaching, di ricerca e scoperta delle sue potenzialità, l’ha messa su un binario diverso rispetto alle sue amiche focalizzate su aspetti della vita meno profondi.
Ed è così che succede per alcune persone: certi amici frequentati fino a quel momento perdono un po’ di smalto, sono meno interessanti e il desiderio di vederli si affievolisce.

Non significa che siano “sbagliati” e nemmeno che siamo “sbagliati” noi.
Semplicemente non rispondono più ai bisogni che sentiamo importanti da soddisfare per stare bene.

Torno all’esempio di prima:
se quella giovane donna ha perso l’interesse per le discoteche, gli aperitivi, lo shopping, perché si è resa conto che non le regalano una vera felicità e ha sentito il bisogno di mettersi in cammino per conoscersi davvero e migliorarsi come persona… è evidente che quelle amicizie non siano più adatte a lei, perché non sono più in sintonia con ciò che lei cerca.

Forse anche ad alcuni di noi – in questo periodo – sta accadendo lo stesso.
O magari è da tempo che siamo scontenti delle amicizie che abbiamo.
Magari non abbiamo più alcun dubbio dell’invidia di qualcuno nei nostri confronti.
Magari ci ha sfiorato il pensiero che l’amico tal dei tali sia un opportunista e i fatti sembrano confermarcelo.

Ed è dura accettare di aver voluto come amico/a qualcuno che non ha fatto né voluto il nostro bene; che ci ha manipolati senza che ce ne rendessimo conto.

Ma niente paura!
Se ora ci siamo svegliati, vuol dire due cose:

  • Che siamo consapevoli
  • Che probabilmente non erano “veri” amici.

Allora domandiamoci:

“Con chi voglio stare?”.

Prendere questa decisione è di sicuro una scelta importantissima, perché

le persone con cui trascorriamo il tempo tutti i giorni sono quelle che “ci plasmano”.

Se – ad esempio – vogliamo migliorarci, crescere come persone e professionisti, scegliamo di frequentare persone/amici che mirano a migliorare sempre se stessi e le proprie prestazioni.
Se vogliamo essere felici, cerchiamo di frequentare persone che lo sono o che tendono ad esserlo.
Se vogliamo essere determinati, cerchiamo amici che siano tenaci.

Aristotele, grande filosofo, diceva che l’amicizia si basa su tre elementi: l’utilità, il piacere, la virtù.

L’utilità è tipica sul lavoro, nella collaborazione tra colleghi, ma anche nello sport (come tra i compagni di squadra): ci si rispetta, ci si apprezza, ma è un tipo di amicizia che tende ad indebolirsi col tempo (come quando un collega va in pensione o cambia azienda).

L’amicizia basata sul “piacere” è molto diffusa: sono amici che amiamo frequentare perché con loro ci divertiamo tanto. Già! Ma dopo anni (come la giovane donna di cui vi parlavo) può capitare di non divertirsi più tanto ed ecco che il legame si spezza.

Se invece l’amicizia è fondata sulla “virtù”, allora stiamo certi che durerà a lungo, perché significa avere scelto amici che arricchiscono la nostra vita (e viceversa) e che ci sostengono, ci ispirano, persino ci sfidano.
Questi amici sono rari anche perché illuminano i nostri pensieri e – se perdiamo di vista il nostro traguardo – ci indicano dov’è.
Questi sono gli amici veri! Quelli con cui stare bene…

Capire di “quali amici” ci siamo circondati è anche un modo per capire meglio noi stessi e le nostre scelte.

E, perché no, essere in grado di distinguere la vera amicizia da quella falsa, interessata.

Riflettiamoci…

perché la vita è una e tutti noi abbiamo tempo ed energie limitate per viverla.

Grazie alla mia Coach ho spiccato il volo! (Testimonianza)

Ciao a tutti,
ho 17 anni, sono uno studente e uno sportivo.

Ho iniziato il percorso con la Coach Gazzola per un problema legato alla scuola.

L’anno scorso, infatti, verso la fine di aprile non riuscivo  a recuperare le materie insufficienti, nonostante passassi molto tempo sui libri.

Così, in un momento di sconforto e di frustrazione, chiesi a mia mamma un aiuto.
Lei mi parlò di Laura, che aveva conosciuto in passato e alla quale lei stessa si era rivolta, ottenendo ottimi risultati.
Accettai, anche se ero un po’ scettico all’inizio, inconsapevole di un percorso che poi sarebbe durato circa un anno.

Il nostro percorso è iniziato da una serie di problemi riguardanti la scuola, per poi con il tempo toccarne altri: lo sport che pratico, la mia persona, le relazioni con gli altri.

Per chi non lo sapesse, le sessioni si basano sul dialogo e sono molto piacevoli, perché tutto è molto rilassante: in alcuni momenti anche divertente, grazie all’umorismo e ai metodi molto originali che utilizza Laura per rendere leggeri i momenti difficili.

Grazie a lei sono riuscito a imparare nuovi metodi per la gestione del tempo sia durante le verifiche e sia durante lo studio a casa;
ho migliorato il rendimento scolastico e sportivo seguendo delle tecniche di concentrazione;
grazie ad altre tecniche di respirazione ho imparato a gestire meglio le ansie e le preoccupazioni e infine, lavorando molto su me stesso, sono riuscito a prendere coscienza dei miei punti di debolezza e di forza, facendo fruttare quest’ultimi.

Solo ora comprendo l’enorme responsabilità e lavoro che una Coach come Laura deve sostenere, ma capisco anche la sua gioia e le sue soddisfazioni nel vedermi migliorare.

Non so come abbia fatto, ma le sono bastate poche sessioni per capire che tipo di persona ero e capire come lavorare con me.

Secondo me, Laura è davvero portata per questo lavoro, avendo tantissima pazienza, professionalità, positività e grinta, che mi facevano tornare a casa carico come una molla!

Per concludere,

mi sento di consigliare ai ragazzi della mia età di intraprendere un percorso di Coaching, perché permette di analizzarci, cosa che noi adolescenti non siamo abituati a fare, e di imparare a metterci in gioco, osando sempre di più fino a raggiungere il nostro obiettivo.

Riccardo