Non permettere a nessuno di influenzare le tue scelte!

Oggi una giovane 23enne, che lavora come estetista da quando aveva 16 anni, mi ha confidato il suo desiderio di conseguire la maturità per guardare avanti e magari frequentare l’università, non tanto per fare un lavoro diverso, quanto per acculturarsi.
Mi sono brillati subito gli occhi, perché quando “sento” in una persona  il desiderio di conoscere e imparare… il cuore mi batte forte e provo una gioia che mi è impossibile descrivere a parole.
Essendo Coach e anche docente, l’ho subito tempestata di domande. Ha risposto in modo consapevole circa le difficoltà, ma quel “fuoco”, quel desiderio di farcela si avvertiva forte. Così le ho dato qualche dritta su come orientarsi per frequentare il quinto anno e poi la maturità.
Non era spaventata.
Mi ha detto con aria seria:
“Io lo so che posso farcela! Perché quando mi metto in testa una cosa… non mi ferma nessuno!”. Poi però ha aggiunto: “E’ solo che nessuno crede in me! Il mio fidanzato dice che non ha senso e mio padre mi scoraggia, forse perché ha paura che io fallisca”.

Il suo sguardo era cambiato: aveva perso luce.
Gli occhi bassi e un filo di voce: “Se almeno appoggiassero questa mia idea, che non è un capriccio! Invece…”.
Il suo era un dialogo intimo con se stessa… e chissà da quanto tempo lo era.

Credo che sia capitato a molti di trovarsi in una condizione simile.
Certamente  più a “femmine” che a maschi.
E allora parliamone!

Perché quel mancato appoggio, anche se solo psicologico e affettivo, fa male, ferisce, fa sentire poco adeguate e non c’è niente di peggio.

E’ la speranza, il desiderio, l’obiettivo da raggiungere – pure con gran fatica – che tengono alta la motivazione. Ma se si è circondati da familiari, partner e amici che non fanno altro che incutere paura e insinuare dubbi… Beh, la strada da percorrere è ancor più in salita e certamente contro vento.
Qui viene fuori di che stoffa siamo fatti!
Se cioè siamo pronti a camminare contro vento, contro tutti, oppure se siamo così deboli o così incerti da dubitare noi stessi della bellezza (e validità) del nostro progetto e quindi rinunciarci.

Per esperienza posso dire che , se quel “fuoco” ci brucia dentro e abbiamo valutato che non si tratta di un fuoco di paglia né di un salto nel vuoto, allora non dobbiamo ascoltare chi cerca di allontanarci dal nostro obiettivo.

Smettiamola di voler condividere ciò che desideriamo fare con chi – parente o meno – non solo non ci capisce, ma fa di tutto per farci rinunciare.

Parliamo di meno e agiamo di più!

Iniziamo a scrivere ciò che vogliamo  raggiungere e a pensare a tutti i passaggi necessari per ottenere più informazioni possibili.
Teniamo nota di tutto ciò che scopriamo.
Cerchiamo di approfondire più che possiamo, facendo domande alle persone competenti.

Non rinunciamo!

Quando la “luce” finalmente si accende nei nostri occhi… è il momento di essere felici!
E per esserlo, non serve l’approvazione degli altri.

Perciò… seguiamo  la nostra strada!

 

Le emozioni negative non devono impedirci di proseguire dritto verso l’obiettivo.

Oggi vi parlo di un argomento a me caro, poiché legato a “obiettivi e risultati”.
Credo che a tutti nella vita sia capitato di stabilire un obiettivo, perseguirlo per un po’ di tempo e poi abbandonarlo sulla scia di emozioni negative.

Mi ricordo, ad esempio, di un’amica che aveva iniziato una dieta, ponendosi un obiettivo decisamente sfidante, che prevedeva almeno sei/nove mesi di impegno.
Si era rivolta ad una nutrizionista che conosco e che stimo per la grande professionalità e disponibilità.
Be’, era riuscita a superare i mesi più difficili e si diceva molto soddisfatta.

Poi, nel giro di una settimana, ha accumulato stress legato a liti, discussioni e battibecchi con l’ex marito e… ha perso lucidità (e controllo), facendo esattamente ciò che la nutrizionista le aveva detto di evitare.
A quel punto ha attribuito la “colpa” alla nutrizionista e ha abbandonato le prescrizioni per rivolgersi a un nuovo dietologo che le ha promesso miracoli… Sto ancora aspettando di vederli.

E diciamocelo, ce ne sono tantissimi di esempi come questo:

  • Andare dal medico per guarire da un disturbo e smettere la cura “perché non funziona nei tempi che vogliamo noi”;
  • Iscriversi ad un corso di ballo e cambiare più scuole e maestri perché manca il risultato (che arriverebbe se fossimo più costanti e determinati);
  • Cambiare scuola, perché i bei voti tardano ad arrivare (quando magari è lo studio che manca)…

Se avete notato, in questi esempi la “colpa” viene sempre attribuita a qualcuno “fuori da sé”, come a dire: “Io non c’entro, sono perfetto così! E’ l’altro che non è abbastanza bravo o capace!”.

Proviamo allora ad essere sinceri con noi stessi e a domandarci:

“Ho davvero fatto tutto quello che mi è stato indicato per arrivare al risultato che voglio? Oppure ho fatto qualcosa che proprio non dovevo, per cui mi sono demoralizzato e infine ho scelto di lasciar perdere?”.

Bisogna essere onesti con se stessi, tanto più se si tratta di obiettivi delicati, come quelli legati alla relazione con gli altri, magari coi figli o col partner.
Ecco il motivo per cui gli psicologi dicono che non si possa interrompere un percorso così all’improvviso.
Perché

una lite, una discussione o uno scontro possono sì far provare emozioni negative molto intense, ma non devono farci deviare dal nostro percorso, altrimenti tutta la strada percorsa fin lì viene dimenticata.

Bisogna restare lucidi, invece.
Capire che, sebbene terribile, quel diverbio ha avuto un inizio (che noi abbiamo permesso) e una fine. Stop!
Significa che potremo lavorare su quanto accaduto e andare oltre, continuando a seguire la strada che abbiamo tracciato insieme al professionista che abbiamo scelto per la sua serietà e al quale ci siamo affidati con grande fiducia.

Donne, criticare il partner con le amiche non fa bene a voi e nemmeno alla coppia.

Quante di noi, tra donne, non hanno mai ridicolizzato il partner perché non sa mai dove si trovano le cose in casa? Perché non ricorda ciò che gli abbiamo detto due minuti prima? Perché sembra non essere autonomo…?

Ieri ero in un negozio di parrucchiera quando è entrata una donna che conosco di vista: nonna di due bambini a cui bada, età – immagino – 65 anni… magari qualcuno di più, ma molto attiva: spesso alla guida della sua auto o in bici. So chi è il marito, ma li ho visti di rado insieme. Lei arcigna e lui educato e sorridente.

Ad un certo punto, la donna attacca con delle critiche feroci sull’universo maschile.
La parrucchiera ed io inizialmente ridacchiamo più per un senso di solidarietà femminile che per i concetti espressi, ma poi la situazione si fa imbarazzante.

La signora – con tono duro e aria seccata – esclama: “Ah! Per carità! Noi sì siamo autonome, ma loro?! Non sanno neanche trovare i calzini nei loro cassetti! Diciamo la verità: a cosa servono? Sì, vabbè, a fare figli e un po’ di sesso, ma se una donna lavora e non vuole figli… che se ne fa di un marito?!”.

Ero basita.
Basita e a disagio. Niente più sorrisi né risatine. Altro che solidarietà femminile!
Spero che quello della signora sia stato uno sfogo… anche se non ne sono molto convinta.

Ripensando alla feroce osservazione mi domando: Qual è lo scopo?

Sminuire il marito? Calpestare tutti gli uomini? Gridare la sua frustrazione nei confronti del matrimonio? Ribadire in modo femminista la superiorità delle donne?

Qualunque sia il motivo, al suo matrimonio non farà certo bene, perché esprimere critiche così pesanti (senza dubbio riferite al marito) non aiuta la relazione: la uccide.

Ci sono donne, infatti, che si aspettano che la vita di coppia implichi automaticamente la complicità col partner. Credono sia una cosa naturale, ovvia, spontanea. Invece non è così.
La complicità va costruita giorno dopo giorno attraverso l’ascolto attento, la condivisione, l’incontro, il guardarsi e lo stare bene insieme. Non si tratta di idillio, ma di partecipazione, intimità, persino gioco.

La critica separa e allontana dalla complicità.

Criticare l’altro aspramente perché non fa, non dice, non soddisfa le nostre aspettative non lo farà migliorare, ma soltanto allontanare.
Far notare all’altro in malo modo che “non ci arriva”, non lo farà cambiare, ma gli comunicherà tutta la nostra disistima.

Perciò… se qualcosa non ci va bene, se desideriamo tanto che l’altro modifichi un suo comportamento, CHIEDIAMOGLIELO.
Consiglio frasi che comincino così: “Avrei bisogno / necessità…”, “Mi farebbe piacere che tu…”.

Nessun partner è perfetto, neanche il nostro, ma criticarlo con le amiche non solo rende vulnerabile la coppia, ma è anche una mancanza di rispetto.

Se abbiamo scelto di vivere in coppia, allora dobbiamo proteggerla e difenderla: solo così potremo rinnovare quell’energia necessaria a rigenerarla.

Grazie alla mia Coach, la mia vita è ripartita meglio di prima!

Ciao a tutti! Mi chiamo Sara, ho 17 anni e … è la prima volta che parlo di me pubblicamente, perciò spero di non annoiare nessuno.

Molti mesi fa, all’inizio del mio penultimo anno di liceo, erano cambiate molte cose: alcuni prof. a cui mi ero affezionata non c’erano più; in classe era arrivata una nuova compagna molto aggressiva; le mie prime verifiche erano andate male e io ero andata proprio in crisi.

Non so… ero tesa, nervosa, anche demoralizzata, perché non funzionava più niente nella mia vita e le mie amiche mi avevano tagliata fuori, seguendo la nuova compagna, una vera leader, che non mi poteva vedere!

Non è che io sia una tipa super festaiola: ci tengo ad avere buoni voti e per questo esco solo il sabato e/o la domenica… Ma era sempre andata bene alle mie amiche, che erano un po’ come me.

Poi di colpo è cambiato tutto! E io mi sono sentita sempre peggio…
Le mie amiche volevano uscire solo con questa compagna e la sua compagnia di ragazzi un po’ più grandi e io non andavo più bene.

Adesso posso dirlo: soffrivo e mi arrabbiavo per questo. Ma dopo i primi due mesi così… ho cominciato a sentirmi sempre più triste e sola.
I miei genitori mi dicevano: “Esci! Divertiti!”. Ma con chi?
Le mie amiche erano diventate così diverse da me! Sembravano più grandi e io mi sentivo proprio uno schifo vicino a loro.
Ogni volta che le vedevo a scuola ero a disagio; ogni volta che avevo una verifica avevo una paura terribile di sbagliare e quando ero interrogata mi veniva la nausea.
Che brutto periodo!

Poi, grazie ad un’amica dei miei genitori, ho incontrato Laura!

I Miei mi avevano spiegato che non sarebbe stato l’inizio di un percorso, ma solo una sessione di coaching per capire il mio problema e conoscermi. Beh, il fatto di sapere di poter scegliere se proseguire o no mi aveva tolto un po’ di ansia, ma… il miracolo – come dico io – l’ha fatto lei, Laura, col suo sorriso e la sua tranquillità. Mi ha ascoltata davvero… Capivo che lo faceva con grande attenzione e interesse, senza mettermi a disagio, senza giudicarmi.

Alla fine del primo incontro lei era riuscita a fare centro e mi aveva spiegato come avremmo potuto procedere per farmi tornare serena e sicura di me.
Ero così contenta che ho chiesto io di fare il percorso e da lì è cominciata la mia risalita.

Ogni volta non vedevo l’ora di incontrarla, perché capivo qualcosa in più di me, e lei mi trasmetteva una gran forza.
Poi è arrivato il Covid-19 e ho avuto paura di interrompere il mio percorso e di crollare di nuovo.

Invece no! Abbiamo continuato vedendoci a distanza via Skype ed è andata benissimo, perché ho continuato a “crescere” e ad allenare le mie potenzialità.
Grazie alla mia Coach, ho usato così bene il tempo che ho guadagnato davvero voti eccellenti e poi ho ripreso i contatti con le mie amiche.

Per me l’isolamento è stato un momento positivo, perché la mia vita è ripartita.
Laura mi ha sempre tampinata, anche quando non eravamo in sessione.
Non mi sono mai sentita sola e questo mi ha dato forza. Lei è una vera forza! E io spero di diventare tosta come lei… Anche se lei dice che forte lo sono sempre stata, senza nemmeno accorgermene.

Ho imparato tanto e ho “spuntato” parecchi obiettivi.
Ora che sono in vacanza mi guardo indietro e mi sento nuova.

Sento di essere io, quella vera. So che non sarà facile affrontare nuovi problemi… perché ce ne saranno!, ma sento di poterci riuscire.
Ho capito come fare e Laura mi ha regalato tanti strumenti per fare da sola.

Cara Laura, sarai sempre la mia Coach!

Con affetto,
Sara R.

La quarantena è finita, ma il tuo umore è peggio di prima? Ecco come uscirne!

L’estate è cominciata e le immagini dei carri militari che trasportavano bare sembrano dimenticate. La gente ha ricominciato ad uscire, a frequentare gli amici, i bar, i ristoranti. Tutto sembra tornato (quasi) come prima… E lo stato d’animo positivo con cui molte persone hanno ben affrontato l’isolamento, pare tornato negativo.

Eh, sì, perché non tutti si sono sentiti depressi nel dover rimanere per forza in casa. Ci sono infatti quelli che, senza esserne consapevoli, ci hanno persino guadagnato in termini di umore e hanno usato il tempo nel modo migliore, dedicandosi a lavori e attività di cui sono capaci e che hanno regalato loro soddisfazione e benessere.

Se ci pensate non è poi tanto strano.
Faccio un esempio: se mi trovassi sola in un periodo della vita, senza partner né amici, “essere obbligata” all’isolamento e sapere che nessuno può uscire a divertirsi… beh, potrebbe persino essere consolante. Stessa cosa se conducessi una vita estremamente stressante a causa del lavoro e ogni week-end mi trovassi così stanca da non avere nemmeno l’energia per uscire e distrarmi.

I conti sono presto fatti: durante la quarantena, sui social niente più foto di aperitivi, balli scatenati, paesaggi mozzafiato e cenette romantiche. Tutti chiusi in casa a postare foto dei piatti cucinati o a condividere video divertenti per tenere alto il morale.

Ma adesso…?

Ora che la vita torna a scorrere, i social si riempiono di miliardi di selfie: chi è in spiaggia, chi brinda con gli amici, chi gira in moto con la persona amata, chi organizza grigliate e chi cena a lume di candela col partner. Insomma… tutti sembrano felici e appagati…
Tranne chi era solo durante il Covid-19 e solo si ritrova.

Queste persone, purtroppo, ripiombano nella loro quotidianità pre-Covid, ovvero a quando si sentivano abbattute, tristi, in ansia per non avere quello che hanno gli altri (amici, partner, week-end speciali).
E “credono” alla felicità che gli altri postano sui social, trascorrendo tempo a sfogliare gli album altrui e convincendosi che loro una vita così non ce l’avranno mai!

Se solo sapessero quanta finzione c’è in molte di quelle foto!

Come certe coppie ritratte in mezzo agli amici, perché da sole non saprebbero cosa dirsi… O sorrisi che mascherano una enorme tristezza, un amore finito da tempo o un senso di vuoto incolmabile…Ma chi sente di nuovo l’enorme peso della solitudine, a questo non pensa. Vede tutto il negativo che c’è nella propria vita e tutto il (falso?) positivo nella vita degli altri e… sta male.

E allora?

Allora sarebbe meglio darsi un sano obiettivo, ovvero quello di non seguire più i profili degli pseudo-amici di FB per un po’.
Magari dargli un’occhiata solo una volta o due alla settimana e spendere il tempo per dedicarsi a qualcosa che piace e che non si poteva fare prima a causa della quarantena.

Prendere consapevolezza del fatto che molte persone vivono solo “in vetrina” e che la felicità che mostrano è spesso apparente.

E se si è soli, al posto di considerarla una sfortuna o una tragedia, guardare alle mille opportunità che si possono cogliere, se si è disposti a mettersi in gioco. Perché essere liberi da legami permette di fare scelte che vanno incontro ai propri reali bisogni.

Perciò… ci si può iscrivere, ad esempio, a un gruppo che ama la fotografia e organizza uscite all’aperto o decidere di aggregarsi a gruppi che usano le ferie per fare il cammino di Santiago o la Via Francigena o ancora frequentare un corso di vela dove fare nuove amicizie.

Qualsiasi cosa va bene, purché trasmetta il piacere di vivere ai propri ritmi, seguendo i propri bisogni e desideri, senza essere frenati, ostacolati o condizionati da nessuno.

I “vampiri dell’anima” esistono!

Cosa succede quando una donna si innamora di un narcisista? Di un uomo che si mette con lei, la fa a pezzi, la lascia e infine torna a tormentarla? Sembra un film dell’orrore, vero?
Io però ne ho conosciute di ragazze e donne così: le ho viste soffrire, dubitare di sé, delle proprie capacità, fino a perdere se stesse, la propria autostima, i propri sogni e obiettivi.
Hanno amato un “mostro”, ma grazie a Dio ne sono uscite, anche se con grande fatica e tanto impegno. La mia lettera, quindi, è per loro e per tutte quelle che – senza accorgersene – stanno vivendo a fianco di un manipolatore.

Cara Amica,
quando l’hai incontrato non l’hai riconosciuto…
D’altra parte chi riconoscerebbe subito un narcisista? Un uomo che ti lusinga, che ti fa sentire speciale, unica. Un uomo che ti dice di non aver mai provato un amore simile prima. Dolce, affettuoso, pieno di attenzioni…
Tu non l’hai riconosciuto, ma lui sì: ti ha cercata, stanata come una preda.
Ha fiutato subito il tuo bisogno d’amore, le tue ferite del passato, le tue fragilità e il desiderio di non essere più sola.
Ti ha fatto credere che ti avrebbe amata nonostante la tua vulnerabilità, anzi, che ti avrebbe “salvata” da una vita triste e vuota. E tu hai scambiato tutto questo per amore e ti sei fidata e affidata.

Oh, se tu fossi stata meno affamata di amore e attenzioni, forse gli avresti tolto subito quella maschera da impostore!
Ma lui era l’uomo che avevi tanto atteso, così perfetto e innamorato.

Sei stata generosa con lui, sempre presente, disponibile: gli hai donato un amore incondizionato.
E lui era così affascinante: sicuro di sé, deciso, ma anche tenero. Cosa volere di più?

Solo che è bastato poco perché lui cominciasse a sottolineare i tuoi difetti, le tue mancanze, il tuo non essere mai abbastanza. Prima una stilettata con una frase pungente e poi una carezza con una frase affettuosa… fino a confonderti: dottor Jekyll e Mr. Hyde!
E così hai messo in dubbio te stessa
e la realtà che avevi sotto agli occhi.
E hai cominciato a vivere sull’altalena: un giorno su, se era carino con te, e uno giù, quando ti criticava severamente.

Un amore a intermittenza… O meglio, un NON amore, ma tu di questo non potevi renderti conto perché il narcisista ha mille maschere ed è un abile manipolatore: sa come tenerti in pugno, come fare perché tu dipenda da lui, sempre, anche se soffri.

E quando hai timidamente tentato di reagire, ti ha fatta sentire in colpa, come fossi quella che “vuole rovinare tutto”, perché quello che gli davi non era mai abbastanza: tu non eri mai abbastanza. Lui invece stava sul piedistallo, convinto di essere il migliore, quello che non sbaglia mai.

Ti ha fatto credere di poter fare a meno di te, ti ha instillato la paura di perderlo. E tu, che lo amavi, gli hai creduto e ti sei aggrappata a lui ancora di più.

Poi si è stancato e ti ha lasciata per davvero.
Verrebbe da dire che hai vinto un terno al lotto! Ma so che tu non l’hai presa così.
Prima di andarsene, ti ha rovesciato addosso tutto ciò che di più cattivo e immeritato si possa ascoltare. Tu, l’unica colpevole, l’unica causa di questo suo abbandono. Tu, così inadeguata, da non essere riuscita neanche a tenertelo stretto!

Voglio dirti che non è così, che tu non hai alcuna colpa e che questa rottura – per te – è una vera fortuna, perché – se lo vuoi – ti dà la possibilità di ricostruirti, di ritrovare quella che eri, con tutte le tue meravigliose qualità: quei punti di forza che non sapevi né sai di avere.

Lui se n’è andato, ma non ti ha comunque lasciata in pace. Ha cercato di tenerti agganciata, inviandoti messaggi con frasi ambigue, di (finto) affetto, di (falsa) comprensione e preoccupazione.
Ma quando hai scelto di non rispondere, lui ti ha ferita con le solite frasi cattive, perché nessun carnefice accetta di perdere la sua vittima!

La verità è che hai fatto la cosa migliore a evitare qualsiasi contatto con lui: non puoi correre il rischio di una ricaduta!
Anche perché il tuo narcisista non ti ama, non cambia e non cambierà mai. Se ritorna è solo per affermare il suo dominio, per dimostrare a se stesso che sei un suo possesso, come tu fossi un oggetto.

Perciò, in attesa che gli squarci del tuo cuore cicatrizzino, FOCALIZZATI SU DI TE e prenditi cura della persona che sei: ricordi che cosa ti piaceva fare prima di incontrarlo? Che sia un hobby, un nuovo interesse, una passione trascurata o abbandonata da anni… Basta che ti renda felice e ti faccia assaporare di nuovo il gusto della vita.
L’amore per te stessa, per un animale, per gli amici è un toccasana! Così come viaggiare, leggere un buon libro, goderti un buon film.

Non cercare un nuovo compagno: non fino a che non ti sarai ricostruita del tutto. Non finché avrai la certezza di “bastare a te stessa”.
Solo così non rischierai di cadere ancora vittima di un “vampiro dell’anima”.

Uscirne è dura, ma – vedrai – è possibile!

La convivenza con figli adolescenti ai tempi del Covid19.

La scuola è chiusa dal 23 febbraio… Un mese ormai.

La felicità che questo virus aveva regalato inizialmente ai nostri ragazzi, che potevano godere di giornate soleggiate senza compiti né lezioni per stare tutto il giorno al parco con gli amici, ha lasciato spazio all’irritazione, al nervosismo, alla frustrazione… Persino all’ansia e allo stress.

Gli adolescenti, abituati a vivere una sorta di vita parallela a quella della loro famiglia, si ritrovano chiusi in casa, a dover seguire ore di video-lezioni in aule virtuali che, chiamate così hanno un non so che di avveniristico, ma in pratica sono piccoli o grandi spazi della loro casa in cui non si sentono davvero liberi di essere se stessi come in classe, perché i compagni non ci sono e manca l’occhiata complice, il messaggio scritto di fretta sul diario aperto, le risate in diretta e le imitazioni dei prof.

Non solo.

Manca quella vicinanza fisica che per gli adolescenti è fondamentale.

Penso alle amiche che si confidano e poi si abbracciano; agli innamorati che si tengono per mano e si baciano teneramente; ai compagni di scuola a cui si tirano i “coppini” durante l’intervallo…

E’ solo un mese, ma a molti ragazzi sembra un’eternità.
E la cosa peggiore è che non c’è una “scadenza”… Sì, insomma, come quella sulle confezioni, che non può essere posticipata. Quella sì è una certezza.
Ma di certezze non ne hanno gli adulti, figuriamoci i ragazzi che vivono tutto amplificato.
Basta un messaggio su Whatsapp mal compreso che scoppia la tragedia!
E il rischio è alto in questo senso, perché è raro trovare chi padroneggia così bene la lingua italiana da scrivere in modo inequivocabile ciò che gli passa per la testa…

E ai ragazzi ne passano davvero tanti di pensieri!

C’è chi, avendo avuto insufficienze nel primo quadrimestre, teme di non poter più rimediare;
chi aveva già fissata la data della discussione di laurea e ora non sa più quando sarà;
chi aveva un elenco di esami programmati, che ora sono stati sospesi.
Una ragazza universitaria, in un momento di sfogo, mi dice: “Sì, ho molto più tempo, ma vivo nell’incertezza e non so più cosa fare!”.

Ecco il nocciolo: l’incertezza.

I ragazzi si fanno mille domande: la scuola riprenderà? Potrò rivedere i miei amici? Potrò riabbracciare il mio ragazzo/a? Potrò riprendere ad allenarmi? Potrò andare in vacanza?…

Le risposte però mancano e non serve chiedere agli adulti, perché l’incertezza è condivisa.
Forse è la prima volta che figli e genitori sono d’accordo su qualcosa: provano le stesse emozioni di paura, di speranza, e si sforzano di trovare un senso alle loro giornate sempre più ripetitive.

Tutti in famiglia sperimentano la convivenza “h.24” e non è tutto rose e fiori come nei film.
Sì, ci sono giornate buone e altre molto meno.
Secondo i ragazzi manca del tutto la privacy…
E non importa se hanno una camera tutta per sé…
Il “nemico” è in agguato! Il genitore ascolta.
Loro lo avvertono.
E su questo non hanno proprio torto.
Quante volte gli adulti – approfittando di questa “clausura” – origliano o sbirciano attraverso la porta? Magari quando i ragazzi stanno facendo la video-lezione, per spiare la prof. che spiega, o per vedere che cosa si raccontano con gli amici nelle video-chiamate…

Molti genitori relegati in casa non vedono l’ora di tornare al lavoro fuori casa, ma questo vale anche per i ragazzi. Uno di questi mi ha detto: “Era meglio andare a scuola che vivere così!”.

… perché gli adolescenti hanno bisogno di stare “nel mondo”, di confrontarsi con gli amici, di sperimentare, di avere un ruolo…
E quello di “figlio” e basta va loro un po’ stretto.

Ecco perché talvolta sono insofferenti.

E allora come possiamo aiutarli?
Come possiamo rendere la nostra e la loro vita di “reclusi” meno pesante?

Certamente accordandoci, che non significa imporre il nostro volere di genitori, ma sederci a un tavolo e ammettere che nessuno potrà più continuare a seguire le vecchie abitudini.

Bisogna coinvolgere i ragazzi: chiedere loro cosa ne pensano, invitarli a trovare soluzioni.

Stabilire insieme, seduti a tavolino, quali nuovi orari dovremo rispettare e quali aiuti dovremo portare alla famiglia. E’ un modo per crescere in modo responsabile.

In questo momento di totale incertezza, i ragazzi hanno bisogno di “certezze”, di punti fermi: la famiglia lo è, se non è soffocante.

E allora perché non partire dalla condivisione dei propri bisogni e desideri?
Esprimerne un paio a testa e chiedere al resto della famiglia di rispettarli?
Metterli persino per iscritto… in bella mostra!

Noi adulti non dobbiamo apparire per forza positivi e sereni se non lo siamo.
Certo, è il caso di evitare sempre di scaricare sui figli preoccupazioni, insoddisfazioni, tensioni.
Ma chi l’ha detto che i figli adolescenti non siano in grado di “capire” i nostri bisogni e le nostre difficoltà? Basta esprimerli nel modo giusto: niente lagne né continui lamenti.

Solo comprendendo i bisogni dell’altro saremo genitori e figli migliori.
Perciò… usiamo questo tempo per farlo.

Impariamo a smascherare gli opportunisti.

Credo che a tutti sia capitato nel corso della vita di essere delusi da certe persone.
Avete presente quella sgradevole sensazione, quel senso di sofferenza che si prova quando ci si accorge che la persona che abbiamo frequentato – felici di farlo – è tutt’altro che sincera, leale, onesta e non prova per noi l’affetto che noi proviamo per lei?
Può trattarsi di un collega, un conoscente, ma anche di un amico e persino di un parente.

Dai, provate a pensarci: quante volte vi è capitato?

La domanda, però, è: ma sono state davvero loro a “cambiare” o siamo stati noi a non prestare attenzione ai campanelli d’allarme?

Mi racconta una donna: “Sa, credevo fossimo diventate amiche: si sfogava con me, mi chiedeva consigli e poi, tutto d’un tratto, ha smesso di frequentarmi. Ora in ufficio mi tratta come un’estranea e mi risponde in modo sbrigativo. Frequenta un’altra collega che ha sempre criticato. E dire che quando era appena arrivata, le ho dato tutte le dritte possibili!”.

Cosa è successo?

Semplice: ha aperto il suo cuore a un’opportunista e si è sentita stupida, ingenua per non essersene accorta.
Ma come può rendersi conto che la stanno usando se non è come loro, se è una persona “autentica” e buona?

Impresa ardua, ma non impossibile!

Ecco degli indizi:

  • L’opportunista è incapace di vera amicizia: fa solo ed esclusivamente il proprio interesse.
  • Si affianca a chi gli fa comodo in quel momento, ma una volta ottenuto ciò che vuole, cambia “amico”.
  • Ha le idee chiare su quello che vuole dagli altri e “chiede” sempre, ma non dà nulla senza un tornaconto.
  • Si prende gioco delle persone e le “usa”.

Facciamo qualche esempio di soggetti opportunisti:

  • quello che “scrocca” sempre il passaggio in macchina quando uscite in compagnia;
  • quella che vi chiede di “ritirarle” sempre il figlio da scuola, perché lei non può;
  • quello che si abbuffa al ristorante, tanto poi si divide;
  • quello che si fa aggiustare il pc o si fa aiutare ad usarlo (così risparmia i soldi del tecnico);
  • quella che vi invita fuori o vi telefona solo per sfogarsi (e poi non si fa più sentire per un bel po’);
  • quella che vi chiede di andare a correre o al cinema, perché non ha nessun altro in quel momento;
  • quella che si è appena trasferita nel vostro paese o nel vostro ufficio, non conosce nessuno, ma diventa “amica” vostra perché vede che avete buoni amici e un’ottima reputazione (e stare con voi le apre le porte).

Insomma, i motivi sono tantissimi e io spero di aver “aperto gli occhi” a chi di voi è buono e sensibile, affinché non cada nella trappola.

Perciò… se avete realizzato di avere accanto qualche opportunista… prendete le distanze!
Anzi, tagliatelo fuori dalla vostra vita!
Solo così eviterete tante sofferenze.

La lettera che ogni figlia vorrebbe ricevere.

Figlia mia,
ricordati sempre di essere te stessa.

Non cadere nell’errore di “voler piacere” a tutti i costi, perché è sciocco, inutile e finiresti poi col non piacere più a te stessa, cioè a colei che ti amerà sempre più di chiunque altro.

So che arriverà il momento in cui sentirai il bisogno di compiacermi, magari meritando sempre bei voti a scuola oppure vincendo una gara sportiva, oppure comportandoti sempre come una “brava bambina”.

A chiunque farebbe piacere avere una figlia così, ma non a me se ciò significasse saperti angosciata al pensiero di non riuscire a ottenere un bel voto.
Non voglio poi che dall’esito di una gara dipenda la tua autostima e non voglio che tu sia la bimba perfetta né quella “sempre più brava, più gentile e più educata” di tutti gli altri.

Sii sempre te stessa, anche se dovrai lottare con i denti per non farti travolgere da quello che desiderano gli altri per te.

Impara ad ascoltare il tuo cuore: senti come batte?

Quella sei tu : sono le tue emozioni, sono i tuoi desideri…
Sono quello che conta di più, se vuoi vivere felice.
… ascoltandoti, infatti, scoprirai che per te esistono cose davvero importanti  e altre assolutamente inutili.

Sai, sarò felice se ti vedrò studiare con la passione di chi vuole imparare cose nuove e non per uno sciocco voto dato da un’insegnante che magari non ha capito niente di te.

Perché sai che cosa conta davvero nella vita?

L’impegno, la costanza, l’energia e l’entusiasmo… che guidano le nostre azioni verso i nostri obiettivi.
Se riuscirai a credere in questo, ti sentirai sempre speciale e nessuno riuscirà a farti sentire debole, fragile, incapace di camminare da sola.

Non permettere a nessuno di dirti come sei!

Lungo il tuo cammino, vedrai, ti capiterà certamente di incappare in quelli che sputano sentenze e si permetteranno di venirti a dire che “sei tagliata per…, ma limitata in…”, che “sei un tipo lunatico oppure sempre allegro” , che “sei una frana in…”, che “si vede che non ti interessa questo o quest’altro”, che “hai bisogno di un uomo così e così”.

Lasciali tutti parlare, figlia mia.
E più ne incontrerai e più dovrai trovare un angolo di pace in cui rifugiarti per guardarti dentro e per poter gridare al mondo: “Io sono io!”.

Ascolta le mie parole…
Ricorda che ti starò sempre vicina e che ti amerò per sempre.

                                                                                                                            La tua Mamma

Il segreto per sentirci felici è usare al meglio le nostre potenzialità.

Sapete quante persone “inconsapevoli” delle proprie potenzialità ci sono?

Tantissime!
E ne ho la conferma tutte le volte che inizio un percorso di Coaching.

Chi è forte, ma dice di sentirsi fragile;
chi è coraggioso e si considera debole;
chi è integro, sincero, onesto e pensa di avere problemi di adattamento;
chi è creativo ed è convinto di non esserlo solo perché non lavora né come pubblicitario né come artista…

Conoscere le proprie potenzialità è fondamentale, ma bisogna essere guidati a farlo.

Conosco una donna adulta che quando ne è diventata consapevole ha pianto dall’emozione e dalla gioia: si era sempre dipinta come i familiari l’avevano descritta, senza potersi rendere conto che quella non era lei.

La mamma e il papà l’avevano sempre definita in un certo modo e lei aveva messo insieme le loro “definizioni” e se le era cucite addosso come etichette, convinta che le appartenessero…

Ma quella NON era lei!
Per niente!

E infatti, arrivata ad un certo punto della vita, quelle “definizioni” hanno cominciato a starle strette, perché la stavano schiacciando e lei faticava a sopportarle.

Di fatto, però, non sapeva chi era e si osservava come fosse un’estranea.
Si era “persa”… ed era entrata in un momento terribile, di vera crisi.

Ma quello aveva segnato l’inizio della sua ricerca e della sua rinascita.

Per vivere pienamente, infatti, ed essere soddisfatti dobbiamo conoscere chi siamo: scoprire le nostre potenzialità e usarle al meglio in tutto ciò che facciamo.

Allora, sì, potremo sentirci felici, perché non c’è nulla di più gratificante di essere in armonia con noi stessi, con i nostri bisogni e con i nostri desideri.