Dodici passi per accrescere l’autostima dei figli.

Sapete qual è una tra le maggiori preoccupazioni dei genitori?
La scarsa autostima del proprio figlio.

Vediamo quindi qualche consiglio, prendendo spunto dalle affermazioni di Kenneth Barish, uno psicologo infantile che sostiene che lodare i figli per i loro successi li aiuti ad accrescere l’autostima.

1. Diciamo loro che siamo orgogliosi di ciò che fanno per “gli altri”.
E “gli altri” sono anche la mamma e il papà. Perciò è bene che rimettano a posto la loro camera, i loro giochi, apparecchino e sparecchino. A ciascuno il suo compito: la famiglia è una squadra!

2. Esprimiamo la nostra felicità per i piccoli-grandi successi che raggiungono.
Questo sarà il trampolino di lancio verso nuove sfide da cogliere senza timore.

3. Aiutiamoli a gestire e a manifestare le emozioni.
E’ importante che imparino a non fare un dramma di fronte a certe delusioni.
I problemi si possono risolvere.

4. Teniamoli lontani dai nostri momenti di rabbia e frustrazione.
Quando siamo nervosi o stressati, cerchiamo di isolarci e di “sbollire”.
Ricordiamoci che i nostri figli non sono responsabili del nostro malessere.

5. Non critichiamoli, ma incoraggiamoli.
Dire: “Ma io non lo critico: cerco solo di spronarlo” è una bugia.
Incoraggiarli significa far sentire loro che ce la possono fare ed è ben diverso che criticarli.

6. Insegniamo loro l’importanza di rispettare i bisogni e i sentimenti degli altri.

7. Ascoltiamo la loro versione della storia, quando “combinano” qualcosa.
E’ importante far capire che li ascoltiamo, anche se poi facciamo notare loro che cosa stanno sbagliando.

8. Alleniamoli ad aver pazienza.
Se stiamo parlando con qualcuno, se stiamo telefonando, cucinando, ecc. facciamo loro capire che non devono interromperci, ma attendere il loro turno.

9. Rendiamoli responsabili.
Affidiamo loro dei piccoli compiti di responsabilità (per esempio apparecchiare, o accudire e insegnare ai più piccoli). Questo permetterà loro di diventare degli adulti più premurosi e attenti alle esigenze degli altri.

10. Diciamo “no”, ma con calma e senza aggressività.

11. Facciamo capire ai bambini di aver infranto le regole.

12. Non iniziamo le frasi con “se non”.
Capita di voler ottenere qualcosa da loro e iniziare la nostra frase con “Se non…”. Ma sbagliamo!

Ragazzi, occhio al… Vamping!

Ragazzi, oggi parliamo di un argomento da non prendere alla leggera.

Avete presente gli studenti che “dormono” durante le lezioni?
Quelli che usano il banco come un cuscino e scrivono stando sdraiati sul braccio, sbadigliando di continuo?
Alcuni dicono apertamente di aver visto un film fino a tardi, ma altri sostengono di essere andati a letto alle nove.

E allora come mai sono in quelle condizioni?

Semplice: utilizzano fino a mezzanotte e oltre lo smartphone per chattare (whatsapp), postare foto, guardare video su Youtube.
E tutto all’insaputa dei genitori, che li credono a dormire.

So che molti di voi non ci trovano niente di male, ma questo fenomeno ha un nome ed è stato studiato da esperti.
Si chiama “Vamping” e consiste nel restare svegli anche tutta la notte sui social.

Cosa succede però poi al fisico e alla mente?
Be’, la mattina c’è una grande stanchezza, che impedisce di stare attenti e concentrati.
Si diventa irritabili e nervosi, perciò si risponde male.
Spesso si ha mal di testa e lo si attribuisce allo stress delle verifiche, ma non è quella la causa.
I voti, tra l’altro, si abbassano e l’ansia aumenta.

Capita anche a voi?
Allora, forse, se vi dicessi che vivere “iperconnessi” è una dipendenza, mi direste che questo problema riguarda gli altri e non voi.

Ma state attenti ai segnali: se vi accorgete di essere sempre stanchi, tesi, se sentite il bisogno di dormire durante il giorno, chiedetevi quante ore siete stati “connessi”.
Ci sono ragazzi che passano SEI ore davanti a uno schermo!

Dunque come fare a tornare pieni di energia?
Non dovete eliminare la tecnologia, ma darvi delle regole e seguirle ogni giorno un po’ per volta.
Stabilite, ad esempio, di spegnere il cellulare alle 22.30 e datevi come obiettivo di non mollare per una settimana.
La settimana successiva, spegnete il cellulare alle 22.15 e così via sino ad avere OTTO ore di sonno.

Lo so, sarà dura, ma ce la potete fare! Vi farà tornare vitali, allegri, socievoli. Vi sembra poco?

 

* Articolo di Laura Gazzola, pubblicato sulla pagina dei ragazzi de La Provincia di Como (7/11/2017).

Cari genitori, se vostro figlio è maleducato, la colpa è solo vostra!

Oggi parliamo di “parolacce” e dell’uso smisurato e non necessario che ne facciamo, salvo poi rimproverare i ragazzi che le dicono e bollarli come “maleducati”.
E’ stato scritto parecchio sull’uso “terapeutico” della parolaccia e non starò certo qui a ripeterlo. Che la parolaccia, se usata al momento opportuno, è liberatoria… l’abbiamo sperimentato un po’ tutti.

Tuttavia oggi siamo di fronte ad un abuso di queste parole volgari: il noto Sgarbi ci ha fatto i soldi, insultando gli altri a parolacce.

E che dire delle espressioni “colorite” utilizzate in casa da molti genitori, rivolte ai figli o usate come intercalare?
Un tale “allenamento” ad usarle, da diventare inconsapevoli del loro utilizzo e… farsele scappare anche durante colloqui scolastici con i professori… come fosse la normalità.
Sempre più spesso sento genitori esprimersi con parole o espressioni volgari.
Gli stessi genitori che poi vedo stupiti, scioccati, quando vengono convocati per tutte le parolacce che il figlio utilizza in ambiente scolastico.

La parolaccia non è il demonio, ma usarla quando non è necessaria, porta certamente ad un degrado.

Il bimbetto di cinque anni che dice “Pu**ana” alla mamma, col sorrisetto sulle labbra, NON è divertente e non fa ridere!
La ragazzetta undicenne che risponde a una compagna “Che c***o vuoi?!” non è in preda ad un attacco di ribellione adolescenziale!
Il ragazzo che, ridendo, risponde al padre: “Non mi rompere i co****ni” , non ha capito qual è la “gerarchia” (anche se è una parola che non mi piace).

Stiamo sottovalutando il problema. Lo stiamo addirittura banalizzando.
Ma immagino quanti leggeranno e muoveranno un sorrisetto di compatimento, pensando “che esagerazione!”.

Eppure basta ascoltare le lamentele dei genitori per rendersi conto che usare e permettere l’uso delle parolacce in casa porta pian piano ad una mancanza di rispetto.
Se tollero che mio figlio mi risponda (o commenti quanto gli dico) con parolacce, mi sono giocato il suo rispetto.
Certo che – se il primo ad usarle “simpaticamente” nei suoi confronti sono io – non posso pretendere che lui si rivolga a me senza usarle, perché i ragazzi fanno presto a dire: “Eh, ma lo fai tu! Perciò lo faccio anch’io!”. E come dar loro torto?!

Cari genitori, non possiamo pretendere un linguaggio rispettoso se non lo usiamo noi adulti per primi.

Sento spesso dire: “E’ colpa della società”.
Signori, ma la società siamo noi! Ciascuno di noi!
E se ciascuno facesse la sua parte, si sforzasse di essere più educato, più rispettoso… i ragazzi – automaticamente – farebbero lo stesso.

Non è mai troppo tardi, anche se i figli sono ormai grandicelli. Basta essere onesti con loro e ammettere di aver sbagliato per primi nell’aver usato le parolacce e chiedere a tutta la famiglia di impegnarsi a non dirle più. Non sarà una passeggiata, certo.

Ma si può sempre cambiare e migliorare.

Se invece preferite non fare questa fatica, se pensate che il rispetto sia slegato dall’utilizzo delle parolacce… fate pure.
Continuate così.
A me – non so perché – viene in mente solo il titolo di un articolo che ho letto e che recitava così: “Cari genitori, se i vostri figli sono maleducati, la colpa è solo vostra!”.

Cari genitori, voglio un modello a cui ispirarmi!

Di che cosa hanno bisogno i ragazzi?
Che cosa cercano gli adolescenti?
Per capire che cosa conta davvero per loro bisogna ascoltarli, osservarli, cercare di capirli.
Insomma, stare con loro.

Sapete cosa ho imparato in tanti anni al loro fianco?

Che i ragazzi di tutte le generazioni cercano un MODELLO al quale ISPIRARSI, ma non un modello qualsiasi.
Una persona con esperienza, che sappia consigliarli, senza mettersi sul piedistallo; una persona coerente, che non abbia paura di lottare per ciò che è giusto e di battersi contro le ingiustizie.
Un adulto che non imponga le sue regole in modo autoritario, ma li coinvolga nelle decisioni da prendere.

Diventa un modello chi si dimostra onesto, leale.
Chi riesce a farli sentire amati e importanti per ciò che sono, non per i voti che ottengono o per i capi firmati che indossano.

Gli adolescenti, anche i più “duri”, apprezzano un adulto capace di essere se stesso, “vero”, senza maschere né inganni.
Uno che, al momento opportuno, sappia dire senza esitazioni: “Ti chiedo scusa, perchè ho sbagliato”, senza per questo sentirsi vulnerabile.

I ragazzi prendono a modello chi sa trasmettere entusiasmo, forza e che dimostra di credere in loro.

A questo punto tocca a noi adulti scegliere: vogliamo essere un modello o no?
Io sono convinta che ne valga la pena.

Lo sport è salute, ma non dirlo a tuo figlio adolescente!

Oggi parleremo di “adolescenti e sport”: dalla scelta o meno di dedicargli del tempo, ai suoi benefici, ai motivi per cui vogliono praticarlo, alla decisione di abbandonarlo per poi passare  – magari – ad un altro. E scopriremo come noi adulti dobbiamo comportarci di fronte alle loro scelte.

Prima però cerchiamo di capire chi è l’adolescente, così sarà più semplice comprendere le sue mosse.

L’adolescenza ai giorni nostri inizia verso i dieci – undici anni e termina verso i ventiquattro – venticinque. E’ un periodo della vita che coincide con la pubertà, cioè con un importante cambiamento fisiologico, dove si passa dall’essere bambini all’essere adulti sia nel corpo sia nella mente.
Il cervello, infatti, il corpo, le sensazioni, le idee e le curiosità subiscono grandi modifiche.
Inoltre “si cambia carattere” e si acquisiscono nuove capacità: si diventa capaci di prendere decisioni, di pianificare; si avverte la “spinta” ad agire; si hanno nuovi valori e si sviluppano nuove capacità di relazione.
In questa fase di totale cambiamento, i ragazzi hanno bisogno di sperimentare, di fare nuove esperienze, di dimostrare a se stessi e agli altri di “essere capaci”, oltre ad avere tanta energia da scaricare.

Lo sport, da sempre, è sinonimo di salute a tutte le età e durante l’adolescenza lo è ancora di più. Ecco perché i pediatri sono preoccupati: le loro ricerche attestano che gli adolescenti totalmente sedentari sono tantissimi! E il fenomeno riguarda soprattutto le ragazze, in una percentuale che va dal 24% (tra i 15 e 17 anni) al 30% (tra i 18 e i 19 anni).
Secondo i medici, la colpa è da attribuire alle nuove tecnologie (tv, computer o smartphone) che vengono utilizzate per 3 o 4 ore al giorno.
Tuttavia, a peggiorare le cose vi sono anche i genitori. Pensate che in terza media 4 minori su 10 vengono accompagnati a scuola in auto, mentre solo il 24% va a piedi e solo il 9% in bici. E questo non aiuta!
Il problema è davvero serio, visto che il 60% dei giovani italiani trascorre tra le 10 e 11 ore comodamente seduto, mentre dovrebbe praticare almeno un’ora al giorno di attività motoria per raggiungere uno sviluppo psicofisico armonico e salutare.
Basterebbe correre o passeggiare nel parco (magari col cane), fare un giro in bicicletta oppure godersi una nuotata in piscina.
La realtà quindi ci dimostra che i nostri adolescenti non sono sportivi, ma semplici “spettatori” dello sport, che seguono in TV.

Ma cosa cercano i nostri figli nello sport?

Dipende dall’età:
– a 5 – 10 anni vogliono giocare ed entusiasmarsi.
– A 11-14 anni desiderano vedere fin dove possono spingersi e quindi possono programmare e darsi obiettivi a lungo temine, impegnandosi anche nella cooperazione. Questa è la fascia d’età in cui la pratica sportiva è al massimo!
– A 15-20 anni possono scegliere di intraprendere la strada del professionismo oppure di raggiungere e mantenere la migliore forma fisica e la competenza sportiva. Tuttavia le statistiche dimostrano che è il periodo in cui vi è un netto calo nella pratica sportiva.

I motivi per cui gli adolescenti abbandonano la pratica sportiva sono:
– La scuola, per l’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5%)
– Il tipo di sport , che ormai annoia (65,4%) o è troppo faticoso (24,4%) oppure per la presenza di istruttori troppo esigenti (19,4%)

Cosa fare se nostro figlio vuole abbandonare?

Certamente dobbiamo incoraggiarlo a fare vari tentativi per trovare il suo sport preferito.
Significa che non lo criticheremo se ne inizierà uno e poi lo abbandonerà per provarne un altro.
La cosa importante è che scelga lo sport che gli piace di più e che si alleni per rendere più forti i suoi muscoli.
Pensate a sport aerobici, come nuoto, pattinaggio o corsa, da abbinare a quelli anaerobici come la ginnastica a corpo libero con esercizi di potenziamento e resistenza.

Non dimentichiamo che i ragazzi scelgono di praticare uno sport per:
amicizia, cioè per passare il tempo libero con i componenti del gruppo, oppure
– per naturale ribellione verso l’autorità dei genitori, che magari preferirebbero che il figlio facesse altro.

Il vero criterio da seguire nella scelta, però, dovrebbe sempre essere il gusto personale del ragazzo. Perciò lasciamo che scelga lui! E se sarà per lui una delusione… pazienza!
L’importante è che se ne renda conto da solo e non perché glielo suggeriamo noi!

E se nostro figlio é indeciso, come aiutarlo?

Di sicuro cercando di non imporre qualcosa che piace solo a noi.
Cerchiamo di parlarne con lui: analizziamo insieme le motivazioni della sua possibile scelta, i pro e i contro dei vari sport e poi lasciamogli del tempo per valutare.
In particolare:
Non facciamogli la predica sulla vita sedentaria, la salute, ma parliamo di divertimento e gioco.
– Facciamogli capire qual è la differenza tra sport di gruppo e individuali per valutare quali sono più adatti a lui.
– Diamogli la buona regola di non stare davanti a tv, pc e cellulare per più di 2 ore al giorno, così che abbia il tempo per praticare uno sport o comunque di muoversi.
– Per quanto sia difficile, proviamo a dare il buon esempio, praticando a nostra volta uno sport da soli o insieme a lui.

E quali sono i vantaggi che nostro figlio può ottenere grazie allo sport?

Sicuramente potrà sviluppare alcune caratteristiche positive come l’autonomia e la consapevolezza dei suoi limiti, ma anche allenare il suo spirito di iniziativa, la sua responsabilità, spingendolo alla socializzazione e alla cooperazione.
Lo sport inoltre insegna a pensare, valutare e proporre.
Per questo è considerato altamente educativo, al pari della famiglia e della scuola.

Ora che abbiamo chiaro quanto sia importante che nostro figlio faccia attività fisica, non ci resta che dialogare con lui per… proporgliela!

La lettera che tuo figlio adolescente non può scriverti!

Ho ritrovato questa bellissima lettera del 2015, scritta da Gretchen Schmelzer, psicologa e blogger statunitense, e ho pensato di condividerne la traduzione.

Caro Genitore,
questa è la lettera che vorrei poterti scrivere.

Di questa lotta in cui siamo, ora, ne ho bisogno. Io ho bisogno di questa lotta.
Non te lo posso dire perché non ho le parole per farlo e in ogni caso non avrebbe senso quello che direi. Ma, sappi, che ho bisogno di questa lotta. Ne ho bisogno disperatamente.

Ora ho bisogno di odiarti e ho bisogno che tu sopravviva a questo odio.
Ho bisogno che tu sopravviva al mio odiarti e al tuo odiare me.
Ho bisogno di questo conflitto anche se, nello stesso momento, pure io lo detesto.
Non importa nemmeno su cosa stiamo a litigare: sull’ora di rientro a casa, sui compiti, i panni sporchi, sulla mia stanza incasinata, sull’uscire, sul restare a casa, sull’andare via di casa, vivere in famiglia, fidanzato, fidanzata, sul non avere amici, o sull’avere cattivi amici. Non ha importanza.

Ho bisogno di litigare con te su queste cose e ho bisogno che tu lo faccia con me.

Ho disperatamente bisogno che tu mantenga l’altro capo della corda. Che lo mantenga forte mentre io strattono l’altro capo dalla mia parte, mentre cerco di trovare appigli e punti d’appoggio per vivere dentro a questo mondo nuovo in cui mi sento.
Prima sapevo chi ero io, chi eri tu, chi eravamo noi. Ma ora, non lo so più.
In questo momento sono alla ricerca dei miei confini e a volte riesco a trovarli solo quando tiro questa fune con te. Quando spingo tutto quello che conoscevo al suo limite.
In quel momento io sento di esistere e per un minuto riesco a respirare.
E lo so che ti manca quel dolcissimo bambino che ero.
Lo so, perché quel bambino manca anche a me e a volte questa nostalgia è quello che rende tutto così doloroso in questo momento.

Io ho bisogno di questa lotta e ho bisogno di vedere che i miei sentimenti, non importa quanto tremendi o esagerati siano, non distruggeranno né me e né te.
Ho bisogno che tu mi ami anche quando sono il peggiore, anche quando può sembrare che io non ti ami.
In questo momento ho bisogno che tu ami te stesso e me, che tu ci ami entrambi.
Lo so che fa schifo essere antipatici e avere l’etichetta di “cattivo ragazzo”.
Anche io provo la stessa cosa dentro, ma ho bisogno che tu la tolleri, e che ti faccia aiutare da altri adulti a farlo. Perché io non posso farlo in questo momento.
Se vuoi stare insieme ai tuoi amici adulti e fare un “gruppo di auto-mutuo-aiuto-per-sopravvivere-al-tuo-adolescente”, fa’ pure. O parlare di me alle mie spalle, non mi importa.
Solo ti chiedo di non rinunciare a me, di non rinunciare a questo conflitto. Io ne ho bisogno.

Questa battaglia con te mi insegnerà che la mia ombra non è più grande della mia luce.
Questo conflitto mi insegnerà che i sentimenti negativi non significano la fine di una relazione.
Questo è il conflitto che mi insegnerà come ascoltare me stesso, anche quando questo potrebbe deludere gli altri.

E questa battaglia particolare, finirà.
Come ogni tempesta, sarà spazzata via. E io dimenticherò, e tu dimenticherai.
E poi tornerà di nuovo. E allora io avrò bisogno che tu regga la corda ancora. Avrò bisogno di questo ancora per anni.

Lo so che non c’è nulla di intrinsecamente soddisfacente in questa situazione per te.
Lo so che probabilmente non ti ringrazierò mai per questo, o neanche te lo riconoscerò.
Anzi probabilmente ti criticherò per tutto questo duro lavoro. Sembrerà che tu non faccia niente, che non sia mai abbastanza per me.
Eppure, mi affido interamente alla tua capacità di restare in questa battaglia.
Non importa quanto io polemizzi, non importa quanto io mi lamenti. Non importa quanto io mi chiuda in silenzio.

Per favore, resta dall’altro capo della fune. Sappi che stai facendo il lavoro più importante che qualcuno possa mai fare per me in questo momento.

Con amore, il tuo teenager.

© 2015 Gretchen L Schmelzer PhD

Qui il testo originale: The letter your teenager can’t write you

Emozioni: che fatica essere maschi!

Parliamo di maschi ed emozioni… e lo so che le “femmine” avranno da ridire, ma resta il fatto che i maschi non hanno una vita semplice come a volte siamo solite credere.

Spesso li accusiamo di essere “insensibili”, e forse qualcuno lo è.

La maggior parte, però, cresce sentendo il dovere di “nascondere” i propri sentimenti, le proprie emozioni, perché ancora oggi l’immagine del maschio che va per la maggiore è quella di colui che raramente è triste, abbattuto, incerto o sofferente.

Di un maschio si può dire tutto: che è disordinato, distratto, superficiale… Insomma, i peggiori difetti.
Ma nessun maschio vorrebbe essere definito “vulnerabile”, perché ne andrebbe della sua immagine e del suo ruolo.

E così, sin da piccoli, imparano a non esternare le proprie emozioni.
Avete presente quando un maschietto piange perché si è fatto male o ha paura?
Spesso la risposta di chi gli sta intorno è: “Su, smettila di fare la femminuccia!”.
E non c’è nulla di peggio che essere considerati delle femmine, perché significa “non essere maschi”.

I maschi, quindi, imparano a non mostrare i propri sentimenti, a non renderli pubblici.

Come fanno allora, quando sono a terra?

Cercano di distrarsi, magari uscendo di casa: c’è chi va a correre, chi va al bar vicino a casa, chi fa un giro in auto, in moto o in bici, chi si dedica a uno sport, chi fa bricolage.
A casa, intanto, mamme, mogli, compagne, fidanzate si lamentano e si arrabbiano, perché in certi momenti difficili, loro – i maschi – reagiscono con il SILENZIO.

Ma loro non hanno intenzione di farci stare male;
non stanno in silenzio perché non hanno nulla da dire;
non sono privi di sentimenti o emozioni.

E’ solo che, manifestare il loro dolore, parlare della loro sofferenza, li farebbe apparire “fragili” e non lo vogliono.

Noi femmine, anche le più forti, possiamo permetterci il lusso di piangere, di crollare, di chiedere aiuto…  I maschi no, perché sin da piccoli sanno che non verrebbe apprezzato.

E questo è profondamente sbagliato.

Il fondamentale rapporto padre e figlia: cosa fare quando diventa difficile?

Se sei un papà, sai bene che quando tua figlia era piccola, ti adorava e non vedeva l’ora di trascorrere del tempo con te, per giocare insieme. Tu la guardavi ammirato e intenerito: amavi vederla crescere, anche se un po’ ti dispiaceva, perché volevi che restasse sempre “la tua piccolina”.

Poi gli anni sono volati e te la sei ritrovata cresciuta! Tu non sei più il suo eroe e a te lei preferisce le sue amiche. Non sei più neppure il suo “principe azzurro”, perché ormai ha messo gli occhi su qualche ragazzino imberbe.

Cosa fare, quindi, quando il tuo rapporto con lei diventa all’improvviso difficile?

Certamente ti risulta difficile amarla in modo incondizionato e cercare di starle vicino, visto che lei ti allontana e non ti ascolta più. Soffri e il rischio che vedi è quello di una frattura tra te e lei, soprattutto in seguito a scontri e incomprensioni.

Fortunatamente, il rapporto padre-figlia, seppur incrinato, può tornare sano e positivo.
Basta che tu, papà, faccia la prima mossa.

Ecco come:
1) Capirla, amarla e rispettarla.
Chiedile cosa puoi fare per lei e non aver timore di dirle: “Mi dispiace”, se serve.
Chiedi aiuto a tua moglie, affinché ti spieghi in privato che cosa non va, così che tu possa dimostrare a tua figlia l’amore incondizionato di cui ha bisogno.
Falle capire che sei lì per lei e lo sarai sempre.
Trattala sempre bene e mostrale che porti rispetto anche a sua madre (anche se magari siete separati o divorziati).
In questo modo imparerà quanto sia importante – da adulta – continuare ad essere trattata da un uomo con gentilezza, rispetto e attenzione.
2) Sii paziente!
Durante una discussione, più tu riuscirai a essere paziente, più lei si calmerà e capirà che si può discutere senza litigare.
3) Ascoltala senza dare consigli.
Quando lei ti espone un problema, non avere fretta di risolvere il suo problema. Magari lei ha bisogno solo di essere ascoltata per capire che cosa fare.
4) Lasciala essere se stessa.
Tua figlia è diversa da te? Fa scelte diverse da quelle che vorresti? Puoi cercare di riflettere insieme a lei, ma non puoi cambiare ciò che è. Parlate della sua vita in fondo, non della tua.
5) Falle vedere il positivo.
Quando da piccola dipinge e ti rendi conto che quello che fa non è un granché, ridici sopra insieme a lei. Non giudicarla. Trova qualcosa di positivo da farle notare. Questo tuo atteggiamento positivo la accompagnerà per tutta la vita.
6) Passa del tempo con lei.
Che sia un film o una pizza, ogni tanto portala fuori per condividere ciò che le piace fare. Sarà più disposta al dialogo e questo momento tutto vostro avvicinerà entrambi.
7) Mantieni le promesse.
E’ importante che lei abbia fiducia in te.
8) Rispetta la sua privacy.
Perciò non frugare fra le sue cose né analizzare tutti i contenuti delle sue chat. Dimostrale che rispetti i suoi limiti, soprattutto se è adolescente.
9) Cerca di conoscere il suo mondo.
Vuol dire che devi cercare di capire perché adora certi programmi TV o certi cantanti. Impara i nomi dei suoi amici, memorizza ciò che le piace. In questo modo la distanza tra te e lei si accorcerà.
10) Evita di criticarla apertamente.
Le adolescenti si “offendono” facilmente e mettono il muso a lungo. Perciò, se vedi che è ingrassata, al posto di dirglielo, proponile di venire a correre con te. Lei ha bisogno che tu sia protettivo e non negativo.
11) Dille che è bellissima.
Non è questione di dirle le bugie o trasformarla in una narcisista. Una figlia ha bisogno di sapere che il papà la considera bella, così che – se il mondo le dirà il contrario – lei non ci crederà (e quindi non ne soffrirà).
12) Insegnale cose “da maschio”.
Le cose da “femmina” già le imparerà dalla mamma, dalla nonna e dalle amiche. Perciò tu insegnale qualcosa da maschio, come montare una tenda in campeggio, cambiare l’olio alla macchina, arrampicare in montagna. La renderai più sicura di sé!
13) Rendila indipendente.
Non fare le cose al posto suo. Lascia che pian piano impari a fare di tutto.

Se hai la fortuna di avere una figlia, ricordati che il tuo ruolo e la tua figura sono fondamentali per la sua crescita. Molto di ciò che lei diventerà, sarà frutto del vostro rapporto: la sua autostima, la sua sicurezza, il modo in cui vedrà gli uomini, la sua immagine di sé…

E tutto questo inizia dalla nascita.

Sarà importante – per lei – sapere che ti prendi cura di lei in modo eccellente, come sa fare la mamma, ma anche che sei capace di giocare con lei sul tappeto.

E quando sarà adolescente e non avrà più tempo per stare con te, non dimenticare che apprezzerà sempre un momento da sola con te, in tranquillità, per raccontarti com’è andata la sua giornata.

Infine, non fare mai mancare a tua figlia i tuoi incoraggiamenti, affinché lei provi, sperimenti e colga le sfide della vita. Aiutala perciò a trovare gli strumenti per avere successo in ciò che sceglie di fare.

E… lascia che si senta libera di esprimere la sua personalità, anche se ciò significa – magari – vederla un po’ “maschiaccio”.

Insegna ai tuoi figli a guardare avanti!

Chi è “cresciuto” da un po’, sa che viene spontaneo guardarsi indietro e ripensare a ciò che si è fatto.
Capita soprattutto a chi ha dei rimpianti o qualcosa in sospeso.
Magari il famoso “sogno nel cassetto” mai realizzato.

Ma la vita va avanti comunque.
Non si ferma a consolarci né a motivarci.
Dobbiamo farlo da soli, trovando tutta l’energia che serve.

Guardiamo avanti, allora!

Noi adulti possiamo essere davvero utili ai ragazzi, se non ci piangiamo addosso e se non ci rimproveriamo per le scelte sbagliate.
In fondo qualcosa dal passato avremo pur imparato, no?!
E il passato, ormai, è passato. Continuare a torturarci non lo cambierà di sicuro né ci porterà dei benefici.

Ma se abbiamo sbagliato e vorremmo che i nostri figli non commettessero i nostri stessi errori?

Allora usiamo la nostra esperienza passata per far capire ai ragazzi che ci sono mille modi per realizzare il proprio obiettivo e ciascuno deve trovare il suo.

Spieghiamo loro:
– cosa ha funzionato per noi
– cosa crediamo che sarebbe stato meglio evitare.

Facciamo in modo:
– che ascoltino la nostra storia (evitando quindi di narrarla in modo noioso e ripetitivo oppure eccessivamente divertente)
– che ci facciano domande (significa creare volutamente dei “tempi vuoti”… bastano 10 secondi)
– che nasca in loro il desiderio di capire.

Non dovrà essere “una lezione”, ma una “condivisione”.
Un momento intimo da ricordare e di cui fare tesoro per sempre.

Dormire non è un optional

Le vacanze stanno terminando anche per i ragazzi e la domanda che dovremmo farci è: “Come faranno a riprendere il ritmo, fatto spesso di levatacce alle 6.30 o alle 7 del mattino, se durante l’estate abbiamo concesso loro di stare fuori fino a mezzanotte e mezza oppure all’una?”.
Sarà certamente durissima sia per loro sia per voi. Senza contare che gli insegnanti si troveranno a fare il loro lavoro con degli zombie, che al posto di apprendere, sbadiglieranno almeno per le prime due ore.

Il discorso del SONNO non è certo una banalità e dobbiamo stare attenti alle giustificazioni del tipo: “Vabbé, sono ragazzi! Recuperano in fretta!”, perché medici e ricercatori esperti dell’American Academy of Sleep Medicine hanno sottolineato che per una crescita sana i ragazzi tra gli 11 e i 18 anni dovrebbero dormire circa 8-10 ore.

E’ ovvio che gli adolescenti che riposano le giuste ore siano più attivi, più concentrati, più lucidi e quindi positivi. Ma ciò riguarda anche i bambini al di sotto degli 11 anni, perché – quando sono più riposati – sono pronti ad apprendere e ad assimilare meglio tutto ciò che viene spiegato loro a scuola.
Non solo: pensate alla fatica che facciamo quando dobbiamo riflettere per prendere una decisione.
Ecco, dormire 8 ore serve ai ragazzi anche a questo: a risolvere i piccoli problemi quotidiani senza delegarli a voi genitori e a prendere la decisione giusta, dopo aver valutato tra le varie opportunità.

Prendo spunto da Sleepeducation.org , per darvi qualche dritta su cosa fare per crescere in modo sano i vostri figli adolescenti (e vivere più in forma anche voi):

  • calcolate  che abbiano 8 ore di sonno consecutive e non fateli sgarrare (perciò stabilite l’ora in cui dovranno andare a dormire e quella in cui far suonare la sveglia);
  • è molto utile che inizino a prepararsi al sonno con mezz’ora di anticipo rispetto a quando si infileranno sotto le coperte (potete puntare un timer di 30 minuti entro i quali dovranno lavarsi i denti, indossare il pigiama, preparare la cartella e gli abiti per la mattina seguente, spegnere cellulare, pc…);
  • è fondamentale che si preparino al sonno spegnendo TV, tablet, cellulari, pc;
  • controllate quindi più volte che i vostri figli non chattino quando sono a letto, perché utilizzare pc, tablet e cellulare può togliere loro il sonno.

E se i ragazzi dovessero rifiutarsi di seguire queste buone pratiche, non abbiate timore di imporvi. Ricordatevi che gli adulti siete voi e che, se imponete certe regole, è per il loro bene e la loro salute.
Siete dunque autorizzati a togliere loro il cellulare e il tablet  fino al mattino, se volete essere certi che non li useranno appena sarete usciti dalla stanza. Ne faranno una tragedia all’inizio, ma poi si abitueranno e il loro sonno avrà una qualità migliore.
Se pensate di trovare le parole e il tono giusti, potete provare anche a condividere con loro il vostro pensiero sull’argomento, portando prove che supportino le vostre decisioni, ma se i vostri figli non ne vogliono sapere, PONETE DEI LIMITI e non sentitevi in colpa. Vi ringrazieranno quando saranno più grandi.

E se avete figli al di sotto degli 11 anni?

Il Journal of Clinical Sleep Medicine, già nel 2016, sottolineava che “bambini e adolescenti dormono poco” e i rischi per la salute non vanno sottovalutati, visto che si parla di obesità, diabete, depressione e autolesionismo.
Ma allora, quante ore dovrebbero dormire i nostri figli per godere di una salute ottimale?

Ecco le raccomandazioni dell’American Academy of Sleep Medicine che differenzia le ore di sonno in base all’età:

  • Età 4-12 mesi: da 12 a 16 ore su 24 ore (compresi i sonnellini)
  • Età 1 – 2 anni: da 11 a 14 ore di sonno al giorno
  • Età 3 – 5 anni: da 10 a 13 ore di sonno
  • Età 6 – 12 anni: da 9 a 12 ore di sonno
  • Età 13 – 18 anni: da 8 a 10 ore per notte

Per concludere dobbiamo aggiungere altre precisazioni:

  • Prima dei 4 mesi non ci sono raccomandazioni da fare, perché in quel periodo il sonno dei neonati è influenzato da molti fattori.
  • Sulle altre fasce d’età è bene che teniate monitorato il sonno dei vostri figli e se notate che dormono troppo poco o in modo eccessivo, rivolgetevi al vostro medico per una eventuale diagnosi di disturbo del sonno.
  • Non dimenticate che un sonno sano richiede una durata adeguata, tempi appropriati, buona qualità, regolarità e assenza di disturbi del sonno o disturbi di altro genere.
  • E’ evidente che il sonno di ciascuno sia influenzato da fattori genetici, comportamentali, medici e ambientali di cui bisogna tener conto.