Oggi parliamo di qualcosa che “scarseggia”: il senso del dovere.
Se ci pensate bene, tutti parlano di “diritti”, ma dei “doveri”?
Sono tanti gli esempi quotidiani di chi cerca scappatoie di fronte a ciò che non gli piace e che gli pesa: dal collega che non vuole occuparsi di una pratica e fa in modo che ricada su qualcun altro, al genitore che non vuole stressarsi a ripetere sempre le buone norme di comportamento ai figli e poi dà la colpa alla società o alla scuola per la maleducazione dei giovani.
E le giustificazioni al disimpegno si sprecano: “Non ho avuto tempo”, “Mio figlio non mi ascolta”, “I miei figli sono più contenti se a teatro ci vanno con la scuola, piuttosto che con me e mia moglie”.
Il fatto è che questa mancanza del “senso del dovere” in tanti adulti, poi si rispecchia nei ragazzi ed ecco lo scopo di questo articolo: rivalutare il “senso del dovere” e trasmetterlo ai figli.
Andare a scuola, studiare, impegnarsi per essere promossi fanno tutti parte del “senso del dovere”.
Non c’è altra spiegazione: “Figlio mio, lo devi fare, anche se ti pesa e al momento non ne capisci il motivo”.
Già le immagino le osservazioni di alcuni genitori: “Ma così è un’imposizione! E allora… tutti i discorsi sul dialogo, la comprensione?”.
Il fatto è che non si può trovare sempre una spiegazione a tutto.
Voi genitori andate a lavorare perché “lo dovete fare”, per senso di responsabilità nei confronti dei vostri figli, per mantenere la vostra famiglia. Perciò, se i vostri figli non capiscono ancora il motivo per cui “devono” studiare… pazienza! Non servono tanti discorsi (visto che non li comprenderebbero).
Il concetto è che “hanno l’obbligo di studiare” perché così ha stabilito la legge (non voi).
Oggi, purtroppo, impera il “piacere”, la fuga da tutto ciò che pesa sulle spalle come un macigno (come le responsabilità).
Al contrario, essere diligenti, ubbidienti non va più di moda, anzi!
I ragazzi che studiano e s’impegnano vengono derisi, presi in giro dai coetanei.
Non avete idea di quanti ragazzini, ottenendo un eccellente voto, si giustificano con i compagni dicendo una bugia: “Ah! Pensa che non ho studiato niente!”. Appunto perché studiare, cioè fare il proprio dovere, oggi è motivo di esclusione: non va di moda, non ti rende “figo”!
Ma chi ha diffuso questa pseudo-filosofia?
Forse è colpa dell’aver associato – tanto tempo fa – il senso del dovere all’ansia e allo stress che derivano dal mirare sempre all’eccellenza.
In realtà, il “dovere” riguarda sia il rispetto delle regole per vivere bene insieme agli altri, sia lo sviluppo di noi stessi in termini di abilità, crescita personale, ecc.
Quindi in senso positivo e non negativo, come vogliono farci credere.
E come faccio a trasmettere il senso del dovere ai miei figli?
Sicuramente con l’esempio!
E se non bastasse?
Comportarsi come dittatori, in modo autoritario, non porta ad alcun buon risultato. Stessa cosa se si adotta il permissivismo sfrenato (della serie “comandano i figli”).
L’ideale è “essere autorevoli”, cioè guidare i propri figli tenendo conto che AFFETTO e RIMPROVERI hanno uguale importanza.
I figli hanno bisogno di regole chiare, precise da rispettare e tocca a noi dare il buon esempio.
Perciò, non chiedete ai vostri figli di rispettare regole/doveri che voi per primi non rispettate, perché apparireste subito incoerenti e quindi poco credibili.
… Se come adulti siamo soliti buttare per terra il mozzicone di sigaretta, non possiamo pretendere che i nostri figli non ci buttino la carta delle caramelle… E non ditemi che “sono due cose diverse”, perché il gesto è lo stesso.
OK, ma se mio figlio è ancora piccolo, come faccio a trasmettergli il senso del dovere?
Bisogna scegliere quali “doveri” trasmettergli a seconda dell’età, perché lo scopo è che possa assimilarli, farli propri.
Faccio degli esempi, partendo da “piccoli” doveri:
– Apparecchiare e sparecchiare
– Mettere in ordine la propria stanza (o i giochi, dopo averli usati)
– Preparare la cartella per l’indomani
– Fare i compiti e studiare ogni giorno
– Lavarsi i denti dopo ogni pasto e sicuramente prima di andare a dormire…
Sì, fantastico! Ma se mio figlio non vuole farlo?
Urlare non serve a nulla. Meglio stare calmi, ma imporsi di essere fermi sulla regola/dovere.
L’arma vincente è la comprensione… a parole… Ma la fermezza sulla regola.
Faccio un esempio: di fronte a un figlio che non vuole andare a dormire perché preferisce giocare fino a tardi (ben sapendo che la regola è un’altra), rispondo: “Capisco che tu sia arrabbiato, ma è ora di andare a dormire. Potrai continuare domani a giocare. Non adesso” e lo mando a letto, anche se protesta. In fondo è anche una questione di salute dormire le giuste ore!
Quindi, cari genitori, trasmettete il senso del dovere e non cedete sulle regole importanti: quando saranno adulti, i vostri figli ve ne saranno grati!