“E’ tutto uno schifo!”, “Va tutto male!”, “Non funziona niente!”, “E’ colpa della società!”…
Quante volte ascoltiamo o produciamo continui mugugni fini a se stessi?
La verità è che siamo diventati delle isole: ciascuno per sé e nessuno per tutti!
Abbiamo frainteso il suggerimento di “pensare un po’ a noi stessi” e l’abbiamo trasformato in “prima io e poi gli altri”.
Questo – a sua volta – si è tradotto in mancanza di attenzione, di ascolto, di rispetto per gli altri.
La saggezza insita nel concetto “la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri” è diventata “prima di tutto viene la mia libertà – ovvero tutto ciò che voglio fare – e gli altri si arrangino”.
In tutta sincerità, mi fa male scrivere questa riflessione, che è frutto di anni di osservazione di questa “nuova” umanità, perché io non mi sento e non sono così.
Tuttavia, si sa, bisogna necessariamente generalizzare, anche se questa esigenza mi fa venire l’orticaria!
Per cambiare le cose, però, questa pseudo-filosofia non funziona.
Basta guardare come ci siamo ridotti…: imbronciati, cupi, infelici.
Non è mettendosi sempre ed esclusivamente al centro di tutto che si diventa felici: esistono anche gli altri.
Già: gli altri! Quelli per i quali si sprecano le critiche, i giudizi, le cattiverie.
E di solito si tratta di critiche “distruttive” e non costruttive.
E’ sufficiente leggere i commenti sui social per rendersene conto.
L’intento è demolire l’altro: la sua (buona) immagine, la sua (seria) professionalità…
Si distrugge l’altro per emergere e, la cosa peggiore è che lo si fa davanti a chi sta crescendo, ai figli, che così imparano immediatamente a fare lo stesso.
“Ma cosa ci possiamo fare se il mondo va così?”.
Ehhh, troppo facile risolvere la questione in questo modo, con un “me ne lavo le mani”, mi arrendo, non è affar mio!
Le cose si possono cambiare. Noi possiamo cambiare.
“Di impossibile non c’è niente, se stiamo uniti” dice il personaggio di un romanzo di Andrea Vitali. Ed è così!
Iniziamo dal nostro vivere in famiglia:
- facciamo sentire ai figli che papà e mamma sono “uniti”, che si vogliono bene e si trattano con rispetto. Eliminiamo quindi le liti e le discussioni davanti ai figli, soprattutto le critiche offensive e le esclamazioni con parolacce.
- Alimentiamo in casa la bellezza di “essere uniti” in famiglia: l’importanza di andare d’accordo, di trovare soluzioni che accontentino un po’ tutti, che regalino serenità.
- Valorizziamo i componenti della famiglia: tutti e non solo chi ha più affinità con noi.
- Usiamo un linguaggio positivo, che incoraggi ad affrontare i problemi, le sfide e stimoli ad agire (piuttosto che a criticare e basta).
- Insegniamo ai figli la ricchezza di aiutare chi è in difficoltà (magari dando una mano ad un compagno che viene un po’ isolato per la sua timidezza).
- Diamo il buon esempio come adulti, trattando con gentilezza le altre persone e dedicando loro un po’ della nostra attenzione.
Se ci impegneremo a mettere in pratica quotidianamente questi semplici comportamenti, allora sì che cambieremo le cose.
Allora sì che smetteremo di essere e di crescere delle “isole”.
E col passare del tempo, questa “unione” balzerà agli occhi degli altri e sarà d’esempio a qualcuno che deciderà di fare lo stesso.
E l’input sarà inarrestabile… così come i suoi meravigliosi risultati,
perché smettere di essere delle aride “isole” può solo regalarci gioia e serenità.