Ci sono aspetti dei figli che sfuggono anche ai genitori più attenti e che finiscono per preoccuparli.
Parliamo di ragazzi che ci appaiono ansiosi, inquieti, che sembrano non riuscire a sopportare le tristezze e i dolori della vita… Sì, insomma, ragazzi che talvolta definiamo “disorientati”.
Queste caratteristiche (se prive di cause oggettive) ci danno un’informazione preziosa, a cui magari non abbiamo mai pensato, ovvero che
i ragazzi abbiano un concetto di felicità legato solo ai “piaceri immediati”,
quelli del presente, di ciò che va consumato al momento, come il pomeriggio alla Spa, la serata in discoteca, la cena al “All you can it”, i week-end fatti per “staccare la spina” che regalano un benessere molto limitato.
Un piacere che dura il tempo del momento, ma che poi non li fa stare bene, ma li costringe ad una continua ricerca di felicità.
Ed ecco, allora, che anche il rientro dalle vacanze diventa un dramma.
E quando i genitori vedono i figli infelici, nonostante ciò che di bello hanno vissuto, iniziano a pensare che qualcosa in loro non vada.
Il sospetto viene poi confermato dalle affermazioni degli altri: “Eh, ma come mai non è felice? Con la vacanza che gli avete fatto fare…”.
E così i genitori attenti cominciano ad indagare: prima con semplici domande “Ma che cos’hai?”, “E’ successo qualcosa?” e, trovandosi di fronte un figlio/a infelice che non sa nemmeno spiegare il perché, temono il peggio e corrono ai ripari con visite, esami e poi cure.
Il risultato però non cambia: il figlio resta infelice.
E allora l’aggettivo che comincia a definirlo più spesso è “poverino”! Già, perché evidentemente le cure non funzionano e non è certo colpa sua se è così abbattuto e in ansia.
“Forse è depresso”…
Vedete, con questo atteggiamento però noi li facciamo sentire delle vittime e quindi togliamo loro qualsiasi responsabilità nell’affrontare ciò che crea loro disagio.
Sono giù di morale, tristi, infelici: tutte emozioni negative da cui vogliono fuggire.
Desiderano essere felici e stanno male se devono convivere con ciò che li mette a disagio.
Ma noi sappiamo bene che la Vita è piena di avversità più o meno pesanti da affrontare.
I ragazzi oggi cercano una vita priva di problemi e spesso i genitori fanno in modo di “regalargliela”.
Solo che questo stile educativo indebolisce i ragazzi, perché non li allena ad affrontare le avversità.
Se amiamo i nostri figli, dobbiamo lasciare che affrontino le difficoltà.
Solo così li aiuteremo a crescere, a far emergere le loro risorse.
Quindi, se vogliamo il bene dei nostri figli, non spianiamo loro la strada.
E sapete perché così facciamo loro un regalo prezioso?
- Diamo loro la possibilità di migliorare la stima che hanno di sé, perché potranno scoprire le loro capacità nascoste.
- Le avversità (come un lutto, un divorzio, un licenziamento, una malattia in famiglia) diventeranno un filtro nelle loro relazioni sociali. Pian piano impareranno a separare gli amici del sabato sera da quelli veri, a cui si affezioneranno ancora di più, visto che li avranno avuti vicini nel momento del bisogno.
- Miglioreranno il senso della vita, perché – affrontando problemi anche seri – cambieranno le loro priorità.
Perciò… non sostituiamoci ai nostri figli, non mettiamoli sotto una campana di vetro: non trasformiamoli in esseri fragili e indifesi.
Troveranno la vera felicità solo quando saranno capaci di superare le difficoltà e non avranno paura di fare dei progetti e di realizzarli.