Parlare di felicità non è facile, perché si rischia di essere scontati, banali.
Per questo è fondamentale rifarsi a grandi e indiscussi esempi, perché – se è davvero esistito qualcuno che è riuscito ad essere felice – possiamo diventarlo anche noi: basta seguire la via che ha tracciato.
E nella storia c’è stato un grande filosofo greco, Epitteto, che ci ha mostrato con la sua esistenza che essere felici è possibile, persino nelle condizioni peggiori.
Epitteto, infatti, visse i suoi primi 25-30 anni in schiavitù e le sue condizioni di salute furono sempre cagionevoli.
Sebbene fosse schiavo, però, Epitteto fu una persona felice.
E come poteva esserlo? Schiavo e malaticcio…
Aveva ben chiaro che cosa nella vita è controllabile e che cosa non lo è.
«Tra le cose che esistono, le une dipendono da noi, le altre non dipendono da noi. Dipendono da noi: giudizio di valore, impulso ad agire, desiderio, avversione, e in una parola, tutti quelli che sono propriamente fatti nostri. Non dipendono da noi: il corpo, i nostri possedimenti, le opinioni che gli altri hanno di noi, le cariche pubbliche e, in una parola, tutti quelli che non sono propriamente fatti nostri» (tratto dal suo Manuale).
Significa che faceva una distinzione netta tra ciò che lui poteva cambiare e ciò che doveva accettare di vivere così com’era (come il suo essere schiavo).
Questo gli evitava di soffrire.
Se quindi aveva ben chiaro di dover vivere in schiavitù e di non poter modificare questa sua condizione, si era però reso conto che la sua mente era libera e lui ne aveva il pieno potere. Perciò gli eventi avrebbero avuto potere su di lui solo se lui glielo avesse permesso.
Vuol dire che i sentimenti, positivi o negativi che abbiamo, non sono legati realmente a fatti esterni, ma a ciò che noi pensiamo di quello che ci accade.
Quando proviamo sensi di colpa, rabbia, ansia diamo sempre la colpa a qualcosa o a qualcuno. Come a dire che “non siamo noi il problema”.
Ma ciò che realmente causa il nostro stato emotivo è il nostro modo di interpretare il mondo, i nostri atteggiamenti, le nostre credenze e i nostri pensieri.
Facciamo un esempio pratico:
Immaginiamo di essere su un autobus e di sorreggerci grazie alla barra fissata in alto.
All’improvviso, a causa di una brusca frenata, ci travolge un uomo massiccio e noi andiamo a sbattere.
Seccati, indispettiti, arrabbiati ci giriamo per rispondere a tono, quando… ci accorgiamo che l’uomo è cieco.
Quali sarebbero ora i nostri sentimenti? Non sarebbero forse di comprensione e di compassione?
Eppure il colpo l’abbiamo ricevuto lo stesso…
Solo che abbiamo guardato la situazione con un nuovo filtro emotivo.
La frenata era inevitabile e il colpo pure, ma il sentimento è cambiato.
Perciò, proviamo a riflettere: la causa della nostra irritazione non è stato il colpo, ma quello che abbiamo pensato “sul colpo”, ovvero: “Ma tu guarda ‘sto cretino menefreghista! Reggersi, no, eh?! Eh che cavolo! Ti pare il modo di cadere addosso alla gente?!” etc.
La reazione, quindi, è legata al dialogo con noi stessi: a ciò che abbiamo detto a noi stessi sulla persona che ci ha fatto male, anche se quella non ne aveva nessuna intenzione.
Emozioni! Emozioni! Non sono totalmente fuori dal nostro controllo e noi siamo responsabili di questo.
Se – ad esempio – sono demoralizzato perché gli altri mi criticano, la ragione principale del mio disagio è che credo a tutte quelle critiche che mi vengono fatte.
Se cambiassi idea su quelle (false) opinioni e dessi loro il giusto significato, il mio stato emotivo sarebbe ben diverso.
Non sarei depresso per le idee che gli altri hanno di me, perché sarebbero le loro opinioni e non le mie.
Perciò sarò solo io a decidere se fare mie quelle critiche oppure no.
E certo non mi sentirei demoralizzato, se loro continuassero ad avere opinioni sbagliate su di me, perché non potrei controllare i loro pensieri né modificarli. Sarebbe una battaglia inutile!
Ecco quindi la verità: l’uomo ha la meravigliosa capacità di essere felice in quasi tutte le circostanze e situazioni!
Se abbiamo dunque questa capacità, sfruttiamola: facciamo nostra questa filosofia di vita. Interiorizziamola!
Se Epitteto è riuscito ad essere felice, pur essendo schiavo, possiamo provarci anche noi nella nostra quotidianità.
Siamo di quelli che si lamentano molto per le cose che non vanno?
Può essere che pretendiamo molto dal mondo , dagli altri e da noi stessi…
Viviamo in ansia perché vogliamo controllare l’incontrollabile?
Smettiamola di soffrire per questo: risolviamo ciò che possiamo e il resto lasciamolo andare!
Cambiamo il nostro modo di guardare le cose e… le cose cambieranno.
Tutto vero ma spesso abbiamo radicati in noi quei vecchi modi di pensare e di valutare e non è sempre facile aprire la mente a nuove strade.
Gli adulti fanno molta più fatica a cambiare qualcosa di sè, è vero, ma l’essere umano è capace di adattamento e di cambiamento. La leva a migliorare qualcosa di sè è la motivazione. E quella, o c’è oppure sarò destinato all’immobilità. Per iniziare a cambiare, dobbiamo evitare di disperdere le nostre energie, perciò è necessario concentrarci solo su un aspetto: quello che per noi conta di più. “Allenarsi” in qualcosa di diverso comporta dedicarci tempo, ma il risultato però arriva se si è determinati. Quindi…se vogliamo migliorare, poniamoci un obiettivo chiaro, semplice, e portiamolo avanti per almeno tre mesi. Il cambiamento arriverà!